Questa notte a Khan Yunis, area meridionale della Striscia, l'esercito israeliano ha bombardato una tendopoli di giornalisti, uccidendone due. Ogni giorno le bombe continuano a fare letteralmente a pezzi centinaia di civili innocenti, fra cui moltissimi bambini che quotidianamente saltano in aria sotto gli occhi delle telecamere. Altri vengono sparati a vista dai cecchini, decapitati, orribilmente mutilati.
Qualche giorno fa hanno intercettato un gruppo di quindici medici e soccorritori a bordo di alcune ambulanze, fra cui anche un dipendente ONU, che si stava recando a Rafah per portare aiuto a tante di queste vittime innocenti della furia genocida. Ebbene, hanno sparato sulle ambulanze, li hanno costretti a fermarsi, li hanno legati, bendati, fucilati, e infine gettati in una fossa. Non so voi, ma a me sembra che questa cosa ci riporti dritti negli anni quaranta.
Israele continua a "coltivare tranquillo l'orribile varietà delle proprie superbie". Non la si può definire nemmeno guerra. E' un piano di pulizia etnica pianificato a tavolino, da manuale, che contempla l'uccisione di giovani e giovanissimi per tenere la demografia bassa. Colpisce i giornalisti per evitare che possano raccontare l'incubo per quello che è. Elimina a sangue freddo medici e infermieri per evitare che possano ridurre il bilancio delle vittime. E' un disegno scientifico di eliminazione di un intero popolo così da potersi prendere le loro terre. Qualcosa che a me ricorda molto da vicino lo sterminio dei nativi americani.
Tutto questo dovrebbe stare sulle prime pagine di tutti i giornali e in apertura di ogni TG. Non si dovrebbe parlare d'altro, e probabilmente non si parlerebbe d'altro se a commettere tali disumane atrocità fossero i nostri "nemici" e non quelli che invece i nostri leader definiscono "amici" e "alleati".
Chiunque oggi nel nostro carrozzone politico-mediatico continui a sminuire la portata della pulizia etnica in corso a Gaza derubricandola a mera "legittima difesa", disconoscendo il genocidio in atto, è solo un fiancheggiatore, un collaborazionista. Anche perché per difendere l'indifendibile nell'epoca della rete e delle immagini che raggiungono tutto il mondo in un attimo, bisogna essere realmente "complici" nel proprio animo.
Francesco Forciniti