DI SCIENZA E LIBERTA' 🌺🌺🌺
(post del 26 gennaio 2024)
A margine di un recente post, qualcuno ha chiesto se nella scienza che punta a selezionare virus sempre più patogeni vi sia un minimo di morale e di etica. Ovviamente non ne ho idea, nei casi specifici, ma in generale mi è venuto in primo luogo da considerare che "la scienza" trovo abbia la stessa etica di un bastone, di un coltello o di un cavaturaccioli. Il fine non giustifica bensì definisce eticamente i mezzi. E la scienza è un mezzo. E un metodo. Poi, entrando un minimo più nel merito ci si potrebbe dire che i ricercatori ricercano quel che "possono". Ricercatori davvero autonomi ce ne sono pochi. Certo non lo sono coloro che lavorano nel privato o in strutture militari: essi fanno quel che gli si dice, altrimenti se ne vanno. Se invece rimangono, scelgono di obbedire (un bel paradosso: esser liberi di scegliere di non essere liberi, ma questo non c'entra ora). Lo sono solo in parte coloro che lavorano in enti di ricerca pubblici, talora per gli statuti di questi enti e tal'altra perché se vogliono poter lavorare devono accedere a finanziamenti, risorse, strutture e comunque mantenere buoni rapporti con i colleghi. Nessun uomo è un'isola (a parte l'isola di Man, ovvio). Forse qualcuno ricorderà la vicenda della pubblicazione di un gruppo di ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità sulle miocarditi da vaccini. Rientrano tra questi anche i ricercatori e i professori universitari, indubbiamente liberi nel nostro paese addirittura per Costituzione ("l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento"), ma per i quali è innegabile che ogni scelta di libertà abbia costi talora anche elevati (anche non volendo considerare che di recente le migliori democrazie del mondo libero hanno dimostrato di esser pronte da un giorno all'altro a privare di lavoro e diritti tutti coloro che si illudessero di poter scegliere liberamente anche solo sul piano personale e privato, cosa enorme ma che forse non è centrale nel presente discorso). Tornando agli universitari, credibilità e autorevolezza, necessarie per garantirsi carriera e risorse, si fondano prima di tutto sul consenso dei colleghi (la "comunità accademica") e più in generale del sistema, sistema le cui infrastrutture e il cui funzionamento inevitabilmente sono vincolati ai paradigmi dominanti. Il che non è in sé necessariamente del tutto un male: non pochi cosiddetti ricercatori liberi e indipendenti sono in realtà ciarlatani o comunque persone di poco conto che campano accreditandosi come "disapprovati dal sistema" quando in realtà non hanno mai posseduto un minimo di strumenti culturali, logici e metodologici che gli consentissero quanto meno di giungere a poter davvero scegliere come e dove collocarsi (non sto dicendo che nel sistema non vi siano ciarlatani, solo che fuori ce ne sono di più). In altri termini, il sistema è indubbiamente controllato, vincolato e soggetto a logiche di profitto e potere, ma questo non significa che al suo interno metodologie e strumenti non siano corretti, rigorosi e adeguati al miglior "metodo scientifico". Come ci siamo detti tante volte, prima ci sono i dati (e già controllarne la produzione dà un potere immenso), poi viene la loro analisi (in biomedicina mai univoca, esistono studi a documentarlo), poi viene la loro interpretazione, sempre opinabile, e infine, sopra a tutto vengono le decisioni politiche (etimologico) che utilizzano "anche" le evidenze scientifiche ma certo ad esse non sono mai subordinate. Nemmeno e anzi soprattutto quando invece dichiarano di esserlo ("non ti vaccini, ti ammali ecc. ecc."). Il che in sé non è né un male né un bene. Dipende sempre, come per tutte le cose, da chi detiene il potere e da come lo esercita.