Ci ha lasciati un grande
È venuto a mancare il dott Stefano Scoglio, all’età di 67 anni. È un duro colpo non solo per i suoi famigliari ed amici, ma anche per tutto il movimento critico che si era sviluppato dall’inizio della “pandemia” e che lui ribattezzò “APANDEMIA”, e quel titolo diede al suo saggio pubblicato nel 2021.
Fu un personaggio eclettico, in molti aspetti geniale, grande imprenditore e che suo figlio ricorda come “pieno di vita, con energia infinita e con creatività vulcanica”.
Per le sue ricerche innovative ed i suoi studi sull’alga Klamath, venne proposto per il Nobel per la Medicina nel 2018 dall’epidemiologo Roscoe M Moore, dirigente capo della sezione di Epidemiologia dell’FDA.
Denunciò molto presto (già dal febbraio marzo 2020) la farsa dell’operazione COVID e fu tra i pochi ed i primi al mondo a negare vi fosse un virus reale alla base di quella. Si espose pubblicamente nelle piazze e in numerose interviste, scrisse innumerevoli articoli (diffusi dai social e poi sul suo canale telegram) affrontando i vari aspetti scientifici sottaciuti dalla scienza ufficiale.
È tra gli autori della terza edizione (2021) del saggio: Virus Mania (di T Engelbrecht, C Koehnlein, S Bailey, S Scoglio) dove sono inclusi suoi contributi. È un testo di 515 pagine che smonta una parte cospicua delle credenze virologiche attuali, dall’AIDS alla BSE, all’influenza, al morbillo.
Il mainstream parlò di lui solo nel tentativo di dileggiarlo, quando, assieme al dr. Mariano Amici ripeté il semplice esperimento di John Magufuli, presidente della Tanzania (e morto pochi mesi dopo all’età di 61 anni). Per provare quanto fossero affidabili i “tamponi”, li aveva fatti segretamente fare a delle capre e li aveva strisciati sulla papaya: diversi di questi eran risultati positivi. Bene, Scoglio ed Amici fecero dei test in diretta TV a dei … kiwi: positivi anch’essi al “virus”! I “giornalisti” e gli “scienziati” subito li derisero e protestarono che tali esami erano preparati solo per liquidi biologici umani. Omisero di raccontare che venivano usati anche per rilevare il “virus” nelle acque fognarie. Nella loro testolina evidentemente il substrato a base di liquame poteva andar bene, il kiwi no.
Alla base di tale dimostrazione spettacolare stava un’attenta analisi della PCR, elaborata proprio dal dottor Scoglio e firmata dal dottor Montanari e da me (che ne scrivevo da tempo). Di questo lavoro ne diede notizia solo una volta La Verità, tra le testate nazionali,
il 24 ottobre 2020.
Allora fu considerata una provocazione scandalosa. Oggi molti accettano che la PCR (ed altri test) siano imperfetti e neppure si ricordano di chi lo dimostrò subito. Pochissimi sono andati alle conseguenze.
I suoi studi certo non si limitarono a quello, ma spaziarono su ogni aspetto della farsa pandemica, sull’isolamento mancato, e sugli intrugli tossici. In particolare scovò un documento della Pfizer - in giapponese! - che riportava i dati di un loro studio su animali riguardante i componenti del “vaccino”. Questi ultimi erano stati marcati in modo da poterne seguire il destino. Vi si poteva leggere che quei componenti non venivano degradati e si ritrovavano a distanza di molti giorni e settimane nella maggior parte di organi e tessuti (tra cui l’ovaio). Il contrario di quanto propagandato dalla narrativa pandemica.
Fummo alleati ed io molto spesso l’ho citato nei miei scritti e nelle interviste. Aveva però la propensione a primeggiare. Per esempio, quando la professoressa Maria Rosaria Capobianchi dello Spallanzani rispose al FOIA (richiesta documenti su isolamento virale) gli avevo subito proposto di collaborare per stilare un testo comune. Rispose di sì inizialmente, ma poi non ci fu alcun seguito. Allora scrissi il testo da solo e lo pubblicai. Mai pensò di menzionarlo, pur essendo importante che si sapesse e si diffondesse. (CONTINUA)