Carissimi, nella settimana santa non scriverò i consueti articoli a commento dei fatti politici e di attualità storica, ma mi cimento in un articolo quaresimale che potrei intitolare “La voce di Gioele“
Ebbene, in tempi di smarrimento, quando ogni sicurezza vacilla, la voce di Gioele risuona con austera intensità. Non un lamento sterile, ma un grido che invita: “Convertimini ad me in toto corde” (Gioele 2,12). Il cuore, non la veste, dev’essere lacerato. Non basta la parvenza del dolore, occorre la sostanza del pentimento.
L’invasione delle locuste, descritta con tratti apocalittici da Gioele, non è fine a sé stessa. È certo la figura di un giudizio, ma anche e soprattutto un richiamo all’essenziale. Il Dio di Israele, miserator et misericors, patiens et multae misericordiae, non gode del castigo: lo permette, è vero, ma solo al fine di risvegliare e richiamare a Sé.
In questo senso, Gioele non è profeta di sventura, ma annunciatore di speranza. Dopo la desolazione, egli preannuncia l’effusione dello Spirito su “ogni carne”, preludio di una nuova alleanza. Il tempo della grazia non è rinviato: hic et nunc, ora e subito, oggi stesso, si apre la porta della conversione.
In un mondo incline alla distrazione (dove ciò che importa è la soddisfazione di bisogni immediati) ed all’estetica del pentimento, non al pentimento vero, la parola di Gioele resta scomoda, ma necessaria, una parola certamente ispirata, che insegna a non temere il silenzio del cuore trafitto, perché solo lì può germogliare la misericordia: cor contritum et humiliatum, Deus non despicies.
Monaco di Baviera, 16 aprile a.D. 2025
Francesco Golinelli