Non esiste una lingua adeguata per dirti cosa sia diventato questo tempo a cui non appartieni più nella tua forma materiale, Vik. Ci provo, ma la maggior parte del tempo mi ritrovo a pensare che anche esprimere un'opinione, raccontare, lo stesso esserci, la lotta, non siano ormai che strumenti desueti, inadatti persino a scalfire l'avanzare tronfio di questa barbarie a cui non solo è stato steso il tappeto rosso con tanto di applausi, ma che sembra non averne ancora abbastanza di questo nauseante pasto cannibale, di questa ingordigia di morte. Quattordici anni fa pensavamo di essere stati testimoni di quanto di peggio la storia avrebbe potuto servirci sul suo piatto d'argento, ma ci sbagliavamo. Se oggi potessi vedere questo mondo Vik, il tuo cuore esploderebbe di rabbia e scalpiteresti, incapace di non-azioni come sei sempre stato. Non saresti riuscito a capacitarti della facilità con cui una parte di umanità sia riuscita, senza battere ciglio, ad accettare l'olocausto del popolo palestinese, lo sterminio matematico, chirurgico, impietoso degli uomini e delle donne, dei bambini che tanto hai amato, da mesi dilaniati, uccisi, cancellati senza pietà. Gaza non esiste quasi più, Vik, e mentre scrivo queste parole e immagino che tu possa leggerle, mi si spezza il cuore perché il dolore che proveresti sarebbe intollerabile, perché ti vedo, sento il tuo grido. Saresti partito, anche questo so, saresti andato, avresti inventato qualche folle piano per poter stare dove bisogna stare, so che l'avresti fatto a qualunque costo. Questo eri e sei, Vik, e in questi terribili mesi a cui penso spesso come agli "ultimi giorni dell'umanità" la tua vita, la tua voce, la tua intelligenza, il rigore, il coraggio, mancano da far male.
Il tuo "restiamo umani" batte forte il tempo, ma non volermene cdmv, se questa è l'umanità non penso mi interessi più farne parte.
Ciao, Vik.
Maria Elena.D.