Gli ebrei sionisti, come tutti gli oppressori, odiano perché non si riconoscono nell’altro; danno la colpa per qualsiasi cosa a chi non è come loro.
Se poi però gli oppressi, i nativi semiti palestinesi sotto pulizia etnica da più di un secolo, osano reagire alla loro sadica violenza, allora scatta in automatico il processo di disumanizzazione delle vittime così da poter giustificare il genocidio in essere da più di 77 anni.
Quello che questi terroristi non capiscono è che disumanizzando quotidianamente i palestinesi, e chi con essi resiste, non fanno altro che mostrare al mondo la loro disumanità
Autoeletti, autoconvinti della loro superiorità sul genere umano, e della loro "generosità" (curiamo i palestinesi nei nostri ospedali, salviamo i loro figli dalle bombe, gli concediamo di vivere nella nostra terra, e cazzate varie), accusano sempre i nativi di instaurare un clima d’odio, quando sono loro che odiano in quanto oppressori.
Generare e alimentare la spirale di violenza e odio che ne consegue, gli permette così di giocare il ruolo dell’eterna vittima
I palestinesi, di contro, vengono chiamati "selvaggi", “subumani” e “terroristi”, soprattutto quando questi reagiscono alla violenza dei coloni ebrei accecati dalle menzogne del culto messianico
Gli ebrei sionisti, coloni in loco e da remoto, si esaltano nel suprematismo con cui sono stati cresciuti dai loro genitori, e accettano solo chi fa parte della loro setta. Quello che si ostinano a non capire è che, non riconoscendosi nei palestinesi, rimarranno per sempre schiavi del loro opprimere.
Liberi sono invece tutti quelli che si riconoscono nell’oppresso e al suo fianco combattono e lottano
L'atto di ribellione degli oppressi, coscientemente o incoscientemente, anche essendo violento, vista la violenza che lo genera, è un atto d’amore.
#dismantle_israel_now ✌🏾🇵🇸