
La durezza del vivere
Energia, materie prime, commercio internazionale. "Attenuare quel diaframma di protezioni che […] hanno allontanato l'individuo dalla durezza del vivere" (T. Padoa-Schioppa)
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Дата створення каналуСіч 11, 2021
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Бер 04, 2025Прикріплена група
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08.04.202504:20
Oggi su La Verità.


07.04.202517:59
Domani alle 17:30 sui canali social di Asimmetrie (Facebook, X e Youtube) per la presentazione del libro L'impero minore.


05.04.202505:35
Mamma li dazi.
Le puerili reazioni celoduriste (Bruxelles, Parigi, Berlino) e le analisi viziate dai conflitti di interessi (il mainstream) cercano di occultare il senso di ciò che sta succedendo a Washington e, di riflesso, nel resto del mondo.
Questo perché se i suddetti agenti spiegassero con chiarezza che cosa sta accadendo dovrebbero anche confessare di aver cavalcato, avallato, propagandato, imposto le storture della globalizzazione che hanno impoverito l’Europa, e dovrebbero ammettere di essere rimasti con il cerino in mano.
Ciò che sta accadendo è che gli Stati Uniti vogliono porre fine alla globalizzazione, almeno quella che abbiamo conosciuto sinora. Si tratta di un passaggio storico epocale e non delle follie dell’Imperatore.
Gli enormi surplus commerciali di paesi come Cina e Germania sono accumulati grazie a sotto-investimenti nazionali e deflazione salariale, cosa che alla lunga indebolisce le loro economie. Gli USA, grazie al dollaro, godono di flussi finanziari in entrata sui loro titoli di debito, flussi che gli consentono di comprare beni da tutto il mondo, ma comportano la demolizione della propria capacità industriale.
Questa combinazione non è più sostenibile dagli Stati Uniti. L’esorbitante privilegio del dollaro è diventato insostenibile.
Lo sforzo di Washington oggi è quello di riequilibrare l’economia americana, rinforzando la produzione nazionale di beni e tagliando la domanda di dollari dall’estero. Ma non è una novità. Già dal 2008 sia repubblicani che democratici avevano iniziato a criticare questo modello. Trump nel suo primo mandato aveva già agito in tal senso, Biden ha mantenuto molti dei dazi messi da Trump, ne ha aggiunti altri, ha lanciato prima il Buy America e poi l’IRA, ovvero un ciclo di maxi-sussidi alle aziende all-american.
Donald Trump, con i dazi e i suoi modi diretti, sta accelerando una tendenza che era già in atto e che proseguirà anche dopo la fine del suo mandato. In poche settimane, anche prima del 2 aprile, gli effetti sono stati dirompenti. La riduzione forzata del deficit americano comporta contraccolpi seri per i grandi esportatori. La Germania ha fatto in due mesi una revisione costituzionale per riformare il freno al debito, la Cina ha avviato da tempo una diversificazione dei mercati e sta avviando un sostegno alla domanda interna, sia pure con enorme cautela. Molte aziende, europee ed asiatiche (dai paesi Asean in testa), stanno pensando di trasferirsi negli Stati Uniti per restare in quel mercato.
Trump sta agendo in base a questo disegno e lo fa per due motivi. Il primo è perché può farlo. Il secondo è che la spinta a questo cambiamento va oltre la sua figura. È un progetto epocale che riguarda il dollaro e che ovviamente comporta molti rischi, molti costi e numerose variabili. È facile che qualcosa possa andare storto e ci aspettano alcuni anni di ristrutturazione mondiale. Non è detto che la re-industrializzazione americana riesca. Ma bene o male è lì che arriveremo, anche se ci volesse più tempo del previsto. Il che significa che anche i paesi europei, se vogliono sopravvivere (e si suppone che lo vogliano) dovranno concentrarsi maggiormente sul mercato interno, avviare investimenti e sostenere salari e domanda. Questo comporta che la Germania dovrebbe abbandonare o seriamente ridimensionare il modello di sviluppo su cui ha contato per decenni (economia export-led sostenuta da bassi salari, zero investimenti netti, austerità). Berlino deve iniziare a fare investimenti, aprendo la sua economia sinora compressa e protetta dal dazio implicito dello Schwarze Null e della deflazione salariale. Nonostante l’inizio, non è detto che riuscirà a farlo, per freno culturale o per cordoni sanitari politici attorno a certe forze. Conoscere il contesto è importante: se le cose stanno così, è opportuno che l’Italia trovi una sua strada per seguire il flusso della storia senza restarne travolta.
Le puerili reazioni celoduriste (Bruxelles, Parigi, Berlino) e le analisi viziate dai conflitti di interessi (il mainstream) cercano di occultare il senso di ciò che sta succedendo a Washington e, di riflesso, nel resto del mondo.
Questo perché se i suddetti agenti spiegassero con chiarezza che cosa sta accadendo dovrebbero anche confessare di aver cavalcato, avallato, propagandato, imposto le storture della globalizzazione che hanno impoverito l’Europa, e dovrebbero ammettere di essere rimasti con il cerino in mano.
Ciò che sta accadendo è che gli Stati Uniti vogliono porre fine alla globalizzazione, almeno quella che abbiamo conosciuto sinora. Si tratta di un passaggio storico epocale e non delle follie dell’Imperatore.
Gli enormi surplus commerciali di paesi come Cina e Germania sono accumulati grazie a sotto-investimenti nazionali e deflazione salariale, cosa che alla lunga indebolisce le loro economie. Gli USA, grazie al dollaro, godono di flussi finanziari in entrata sui loro titoli di debito, flussi che gli consentono di comprare beni da tutto il mondo, ma comportano la demolizione della propria capacità industriale.
Questa combinazione non è più sostenibile dagli Stati Uniti. L’esorbitante privilegio del dollaro è diventato insostenibile.
Lo sforzo di Washington oggi è quello di riequilibrare l’economia americana, rinforzando la produzione nazionale di beni e tagliando la domanda di dollari dall’estero. Ma non è una novità. Già dal 2008 sia repubblicani che democratici avevano iniziato a criticare questo modello. Trump nel suo primo mandato aveva già agito in tal senso, Biden ha mantenuto molti dei dazi messi da Trump, ne ha aggiunti altri, ha lanciato prima il Buy America e poi l’IRA, ovvero un ciclo di maxi-sussidi alle aziende all-american.
Donald Trump, con i dazi e i suoi modi diretti, sta accelerando una tendenza che era già in atto e che proseguirà anche dopo la fine del suo mandato. In poche settimane, anche prima del 2 aprile, gli effetti sono stati dirompenti. La riduzione forzata del deficit americano comporta contraccolpi seri per i grandi esportatori. La Germania ha fatto in due mesi una revisione costituzionale per riformare il freno al debito, la Cina ha avviato da tempo una diversificazione dei mercati e sta avviando un sostegno alla domanda interna, sia pure con enorme cautela. Molte aziende, europee ed asiatiche (dai paesi Asean in testa), stanno pensando di trasferirsi negli Stati Uniti per restare in quel mercato.
Trump sta agendo in base a questo disegno e lo fa per due motivi. Il primo è perché può farlo. Il secondo è che la spinta a questo cambiamento va oltre la sua figura. È un progetto epocale che riguarda il dollaro e che ovviamente comporta molti rischi, molti costi e numerose variabili. È facile che qualcosa possa andare storto e ci aspettano alcuni anni di ristrutturazione mondiale. Non è detto che la re-industrializzazione americana riesca. Ma bene o male è lì che arriveremo, anche se ci volesse più tempo del previsto. Il che significa che anche i paesi europei, se vogliono sopravvivere (e si suppone che lo vogliano) dovranno concentrarsi maggiormente sul mercato interno, avviare investimenti e sostenere salari e domanda. Questo comporta che la Germania dovrebbe abbandonare o seriamente ridimensionare il modello di sviluppo su cui ha contato per decenni (economia export-led sostenuta da bassi salari, zero investimenti netti, austerità). Berlino deve iniziare a fare investimenti, aprendo la sua economia sinora compressa e protetta dal dazio implicito dello Schwarze Null e della deflazione salariale. Nonostante l’inizio, non è detto che riuscirà a farlo, per freno culturale o per cordoni sanitari politici attorno a certe forze. Conoscere il contesto è importante: se le cose stanno così, è opportuno che l’Italia trovi una sua strada per seguire il flusso della storia senza restarne travolta.
04.04.202510:44
Oggi su La Verità.


Переслав з:
a/simmetrie

03.04.202511:37
Martedì alle 17:30, a/simmetrie ospiterà la presentazione del volume "L'impero minore. Crisi industriale e crisi democratica nell'Unione europea", con l'autore Sergio Giraldo, Alberto Bagnai e Fabio Dragoni, moderati da Camilla Conti | https://asimmetrie.org/eventi/presentazione-del-volume-limpero-minore-sergio-giraldo/
03.04.202509:41
Nel complesso il costo dell'energia non scenderà, dice la Corte dei conti europea. Il mercato unico dell'elettricità resta una favola.
Oggi su La Verità.
Oggi su La Verità.


Переслав з:
Alberto Bagnai

30.03.202521:23
Il Giavazzo bifronte:
https://goofynomics.blogspot.com/2025/03/qed-107-il-giavazzo-bifronte.html
La grottesca storia di tre piroette del derviscio rotante dell’economia ortodossa.
https://goofynomics.blogspot.com/2025/03/qed-107-il-giavazzo-bifronte.html
La grottesca storia di tre piroette del derviscio rotante dell’economia ortodossa.
23.03.202510:23
Oggi su La Verità.


15.03.202513:08
Lunedì mattina dalle 9:10 in avanti sarò ospite di Marcello Foa nella trasmissione Giù la maschera su Rai Radio 1, per parlare di materie prime.
https://www.raiplaysound.it/programmi/giulamaschera
https://www.raiplaysound.it/programmi/giulamaschera
08.03.202509:50
Mio intervento di ieri a Radio Cusano Campus con Savino Balzano.
07.03.202507:54
Oggi alle 13:20 sarò su Radio Cusano Campus.
https://www.radiocusanocampus.it/it/battitori-liberi
https://www.radiocusanocampus.it/it/battitori-liberi
06.03.202520:09
Intanto il gas crolla: TTF chiude a 37,83.


06.03.202520:00
Qui il panel con Claudio Borghi:
https://youtu.be/fwqHOoDsbrQ?si=-OwxfMY3C415Gt0u
https://youtu.be/fwqHOoDsbrQ?si=-OwxfMY3C415Gt0u
06.03.202508:26
Dall’ora 4:15:00 il mio breve intervento al convegno del Dipartimento Economia della Lega.
https://youtu.be/tz3x9yVlHrI
https://youtu.be/tz3x9yVlHrI
Рекорди
08.03.202523:59
3.3KПідписників29.01.202523:59
0Індекс цитування06.04.202509:17
1.1KОхоплення 1 допису06.03.202509:49
648Охоп рекл. допису07.03.202509:17
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