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13.04.202512:46

Ricatti, deleghe, scelte

Si dice che ogni avversario, per quanto ben preparato, abbia un suo punto debole.

Il bello è che anche per loro, i nostri mandriani, vale lo stesso: il piano che stanno cercando di realizzare presenta una fallacia di base, un angolo cieco, un aspetto di assoluta vulnerabilità.

E questo punto debole è il fatto che tutto il castello delle loro macchinazioni si fonda su credulità e ricatto.

Con la prima ottengono quella fiducia che a loro è necessaria per manipolare le menti più deboli al fine di ottenerne il consenso. Con il secondo piegano quanti non nutrono fiducia nel sistema, ma vi si inchinano per paura di perdere ciò che credono di possedere.

Sì. Perché il credere di possedere non equivale a possedere davvero qualcosa.

Se si riesce ad afferrare questo concetto, sparisce un'enorme leva di potere in mano al nostro nemico. È lì che si abbandona l'inutile bagaglio e si apre la porta della leggerezza.

Una leggerezza che non è quella di "non avrai nulla e sarai felice", ma consiste piuttosto nel poter fare il cazzo che ti pare senza paura, senza remora, senza farti minimamente influenzare dal ricatto di volta in volta imposto.

Tipicamente, è uno stato d'animo che sopravviene quando hai capito profondamente la natura del gioco a cui stiamo giocando, e come tale lo vivi: perché l'ironia, il saper prendere bene la vita, la capacità di dare il giusto peso, il saper fottersene allegramente e perfino orgogliosamente dei benpensanti e del loro politicamente corretto sono gli ingredienti migliori della migliore, più sana leggerezza.

Allora diventi capace di ridere nei e dei discorsi più drammatici, riesci a scherzare anche sulle cose più serie, sai passare dall'umiltà alla fierezza in un lampo perché anche se hai già mille e più cicatrici, non hai paura di fartene altrettante.

Sei centrato, sei determinato, ti aspetti forse il peggio, ma ti prepari come puoi, e intanto speri per il meglio.

Ma, soprattutto, non hai paura del futuro che sarà perché sai che la paura non aiuta, non serve, fa danni. Ossia, fa il gioco di chi ti vorrebbe ricattare, piegare, umiliare.

E invece, a te piace tremendamente privarli di questa soddisfazione. Di più: ti piace saperli incazzati per non essere riusciti ad avere né la tua fiducia, né il tuo consenso, né la tua paura.

Che poi, alla fine, se solo ti soffermi a pensarci su un attimo, l'entrare in questo stato di grazia è quanto di più naturale possa accadere: perché non siamo nati per vivere nella paura, che è ciò che più ci provoca ogni malessere fisico e mentale. Al contrario, in uno stato di centratura, ogni paura scompare.

Quindi, se ancora la paura ti pervade, chiediti: cos'è che temi così tanto da non riuscire a raggiungere quello stato che invece dovrebbe essere la tua condizione naturale?

Fondamentalmente, per un verso o per l'altro si va a finire sempre nella paura della perdita di un qualcosa, materiale o immateriale che sia.

È lì che si gioca tutto. È lì il segreto del ricatto, e del conseguente controllo.

E, infatti, il sistema fa le sue mosse in modo che ogni processo di sottrazione ai danni della popolazione avvenga per gradi: bisogna sempre non togliere tutto e subito ma lasciare ancora un qualcosa, seppur minimo, che le persone abbiano terrore di perdere.

Perdere. Concetto ancestrale legato alla sopravvivenza, e insieme parola chiave nella psicologia della pavidità.

Ma quando si riesce a superare i propri limiti, a vincere questa fottuta, atavica paura della privazione che ognuno di noi ha come retaggio profondo, le cose cambiano completamente: vengono meno le radici stesse dello strumento principale di sottomissione e controllo che il sistema utilizza contro di noi.

È in questo preciso percorso che si riscopre l'essenza dell'unica cosa che possiamo possedere davvero: la nostra libertà di scelta. Ivi compresa la libertà di scegliere di NON avere paura.

Come al solito, è tutto nelle nostre mani.

Senza possibilità di delegare a terzi la lotta a quel nemico interiore che inevitabilmente ognuno potrà dentro di sé.

https://t.me/Lanonaelica

11.04.202518:46

Il pendolo e il Gattopardo

Se si ha il coraggio di aprire gli occhi, di spezzare le catene, di uscire dalla caverna di Platone, è lì che si scopre il disegno, il quadro più ampio, il grande affresco: messo esattamente lì, in bella vista, eppure proprio per questo così ben nascosto, velato, celato allo sguardo della mente e del cuore.

Già, perché l'ovvio è spesso spiattellato in piena faccia, ma così coperto di menzogne e racconti e speculazioni e volute complicazioni che anche ciò che è intuibile da un bambino viene condotto ad una totalmente falsa complessità di insieme.

Basterebbe rammentare un fatto di tutta evidenza, imparato in epoca pandemica: se uno è davvero scomodo per il sistema, non trova spazio né in TV né sui giornali e nemmeno, udite udite, nei canali della controinformazione più blasonata. Un esempio? Se per te non esiste il virus, non avrai alcuna visibilità.

Ora: crediamo possa essere differente ad un livello così alto come quello politico? Pensiamo che qualcuno possa essere lasciato libero di partecipare e soprattutto di vincere nell'arena del potere, se fosse realmente scomodo o addirittura disposto a far saltare il banco?

Riflettiamoci un attimo: non si tratta solo di Israele e Netanyahu. L'accordo appare unanime su petrolio, energia, scarsità delle risorse e conseguenti conflitti, ora anche su digitalizzazione e controllo. E non ci allarghiamo a epidemiologia, spazio, narrazione storica: ma se continuano a mentirti su una serie di cose, quanto è possibile che tutto, alla fin fine, sia una grande menzogna?

Ciò che viene a galla, in questo modo, è che ad un'ottava più elevata di quella geopolitica non si tratta più di analisi su schieramenti, clausole secretate, rese incondizionate, conseguenze post belliche ancora in essere, quanto sul fatto puro e semplice che se i capi stessi delle più grandi potenze mondiali sono costretti ad un certo gioco e concordano su dati inganni universali, significa che quando si sale al potere è perché si sono accettate certe regole. Senza se e senza ma. E che l'hanno fatto tutti i contendenti sulla scacchiera planetaria.

Già: basta pensare ai proclami NO UE, NO NATO, NO EURO professati da tanti politici per attirare consenso, e poi caduti nel dimenticatoio non appena raggiunti gli scranni del potere: un copione visto e rivisto, che non trova valida spiegazione se non nel piegarsi giocoforza a regole superiori, nascoste alla mandria da governare.

Ed eccola qui, la democrazia: il personaggio prestabilito che viene magicamente eletto, magari a seguito di una feroce tenzone politica con l'avversario, e si realizza quel pendolo da sinistra a destra, o viceversa, che funziona in perpetuo come, anzi meglio del Pendolo di Focault.

Un ottimo modo, alla fine della fiera, per rendere omaggio alla famosa massima del Gattopardo: "Tutto cambi perché nulla cambi". E la pellicola che viene riavvolta nell'ennesima ripetizione, con corsi e ricorsi storici che si infrangono sulle spiagge della memoria del solito pubblico, inerte ed inerme di fronte alla marea.

All'orizzonte, imperante su tutto e ovunque in modo più o meno sfacciato, più o meno velato, sempre il solito vascello pirata di Sion.

Prendere coscienza di questo, liberarsi dalla tifoseria e provare ad essere davvero obiettivi sarebbe un buon inizio per smettere di farsi manovrare, fare le proprie valutazioni con autonomia di pensiero, muovere i conseguenti passi da uomini finalmente cresciuti.

O, forse, semplicemente, da uomini che si sono abbondantemente rotti i coglioni delle solite cronache trite e ritrite e che, nonostante quanto doloroso possa essere, hanno solo voglia di capire, voglia di smettere di credere a tutto e cominciare invece a non farsi intortare, voglia di guardare le cose al di là dei paraocchi che ci ha imposto il sistema e così riuscire a vedere finalmente le cose nude e crude, per come sono, senza false illusioni.

Uomini che, in definitiva, cercano perlomeno di essere un po' meno schiavi, e un bel po' più liberi.

https://t.me/Lanonaelica

10.04.202519:25

Ottave e bianconigli

Già. Uomini di paglia.
Nella terminologia corrente, locuzione usata per indicare una finzione giuridica che travalica, prende il posto, sostituisce l'essere umano, o meglio, l'uomo comune; ossia, quello posto alla base della piramide sociale.

Fatto curioso, la definizione si attaglia perfettamente anche alla finzione scenica, cioè ad un personaggio che va ad interpretare un ruolo. E cosa sono i massimi esponenti del panorama politico internazionale, se non anfitrioni piazzati lì da un potere superiore per mandare avanti lo spettacolo?

Pensiamoci un attimo: le elezioni USA così palesemente manipolate nel 2020 dal pedopannolone Biden, ed il ritorno del Tycoon in grande stile; il sempiterno mandato di Putin, con l’intervallo Medvedev che era solo di facciata; l'eroe Georgescu estromesso ancor prima di iniziare; la Le Pen che segue a ruota lo stesso destino; la Giorgia nazionale, che dalla borgata arriva alla sedia di Primo Ministro; l'abusato Macron, che gioca a fare Napoleon mentre non è altro che un culatton; il suo compare Zelensky, messo lì apposta per catalizzare odio e derisione di chi almeno un minimo riesce ancora a vedere; Il motociclista Bolsonaro e il suo contraltare magheggione Lula; la motosega di Milei; la fierezza di Bukele e il suo Bitcoin; l'appeal televisivo di Maduro.

Insomma: tra i più noti, non c'è leader che non sembri uscito da un fumetto. Marvel o DC comics, non ha rilevanza: basta aumentare l’audience, e tutto fa brodo.
E dunque, al di là della singola presa di posizione su una data questione, magari perfino molto sentita dall'opinione pubblica (perché è proprio lì che si scatena la tifoseria, non credete?), ciò che alla fine rileva è il disegno complessivo che emerge dall'innestarsi degli eventi uno sull'altro. Che non è mai casuale, così come ci vogliono far credere: al contrario, è una concatenazione finemente pianificata, strutturata nei dettagli, predefinita nelle immancabili conseguenze.

Un esempio? Quel grande statista di Putin, ché avercene di uomini così altro che i politici nostrani, stranamente decide di aprire le danze nel Donbass esattamente allo scemare della pandemia COVID, con un tempismo pressoché perfetto.

Ora: se su un dato piano di analisi ne aveva tutte le sacrosante ragioni, visto quanto accaduto dal 2014 in poi in quelle terre e la palese violazione degli accordi di Minsk da parte occidentale, su una diversa "ottava" viene da chiedersi come mai la frattura generatasi con l'Europa, e il perdurare di una guerra che poteva essere chiusa in un amen, favoriscano sia un impoverimento generale del vecchio continente che va perfettamente d'accordo con il grande reset, sia un eccidio di popolazione slava che tanto piace a quella etnia per la quale l'uomo bianco è solo un goyim.

Altro esempio: quel ciuffo biondo che in popolarità rivaleggia con Reagan (guarda il caso: un attore), ha tutte le ragioni politiche ed economiche per mantenere ciò che ha promesso in campagna elettorale, e dunque mettere i cosiddetti dazi reciproci. Ma, su un altro piano di analisi, su un'altra "ottava", di nuovo viene da chiedersi: perché proprio in questo momento?

Ancora una volta, il perfetto tempismo nel crollo attuale delle borse e nello sconquasso economico che si avrà nell'inevitabile periodo di assestamento in quel del vecchio continente, segna l'ennesima tappa di una marcia sempre più delineata verso una decrescita generale che si inserisce perfettamente nel grande reset.

Ed il riarmo europeo in chiave antirussa, che avrebbe del ridicolo se non fosse letteralmente suicida? Pure qui abbiamo una decisione che va nella direzione di un drastico impoverimento, tra reindirizzamento coatto o sottrazione tramite tassazione o autentico esproprio dei risparmi dei cittadini: perché è la mandria di goyim che deve pagare, deve soffrire, deve estinguersi.

Questione di prospettive, di livelli di analisi, di sguardi via via più approfonditi nella tana del bianconiglio. Materia da iper complottisti, insomma.

O da uomini che stanno finalmente aprendo gli occhi.

https://t.me/Lanonaelica

10.04.202504:57

Uomini di paglia

Il fatto puro e semplice è che ogni narrazione ha bisogno di un protagonista, che sia buono o cattivo poco importa: ciò che conta è che colpisca l'immaginario collettivo, in modo da catalizzare l'attenzione su di sé e, possibilmente, dividere il pubblico tra sostenitori sfegatati e detrattori accaniti.

Se gli sceneggiatori dietro le quinte riescono in questa impresa, ossia nella creazione di un personaggio che abbia un tale carisma, il gioco è fatto: tutti si concentreranno su di lui, mentre l'identità di coloro che effettivamente hanno il vero ruolo nel decidere il corso degli eventi rimarrà ancora una volta nascosta.

Ecco, dunque, che regolarmente le cronache ci propongono quel leader che, a seconda degli interessi in gioco, verrà dipinto come salvatore o tiranno. Un eroe buono per tutte le stagioni, o un capro espiatorio tipizzato con i più biechi stereotipi. E l'ennesima favola è pronta, mentre la sceneggiatura di fondo non cambia di una virgola: tutti i paradigmi su cui si fonda l'attuale sistema socioeconomico rimangono indiscussi, così che il recinto entro cui si svolgono gli eventi resti funzionale a che nulla cambi nella sostanza della gestione del potere.

Putin, Trump, Orban: "i buoni", secondo moltissimi di quelli che detestano lo schifo che è diventato il cosiddetto "Occidente libero". Ed è inutile negare che nelle loro politiche c'è assolutamente del buono, specie se si considerano le alternative proposte dai loro diretti oppositori.

Epperò, aggiungi ai loro un nome: Netanyahu. Et voilà, guarda come cambia la prospettiva: improvvisamente, anche sui cosiddetti “buoni” calano inevitabilmente delle ombre. Ombre che mal si armonizzano con quei provvedimenti che pure sembravano tanto belli, giusti, reclamati a furor di popolo da quanti ancora non si sono bevuti il cervello con il green, il woke, il sistematico smantellamento di ogni valore tradizionale basato su patria e famiglia.

Già, lo schema è sempre il medesimo: i manovratori creano un problema, provocano la reazione, e forniscono prontamente la soluzione per guidarti dove più gli fa comodo. Il personaggio di turno si presta al gioco, ma siccome vige perenne un obbligo di verità che va assolutamente rispettato, detta verità viene rivelata da piccole e grandi gesta. Come, che so, l'avallo ad un genocidio sotto gli occhi di tutti.

E sì, perché il diavolo si nasconde nei dettagli. Anche, o soprattutto, quando dettagli non sono.

Certe convergenze, allora, sono presto spiegate: l'appoggio assicurato a Netanyahu da Trump; la totale indifferenza di Putin rispetto all'espansione di Israele in Cisgiordania e Siria; l'accoglienza a braccia aperte del famigerato Bibi da parte del ribelle Orban non sono frutto dell'acume di certa diplomazia, bensì adempimenti di quell'obbligo di verità che la rappresentazione complessiva deve comunque osservare per rispettare il libero arbitrio, e con esso il libero discernimento, che è sempre lasciato come facoltà intoccabile allo spettatore cui la narrazione è destinata.

È lo spettatore, quindi, che in ultima analisi viene investito della libera scelta: scelta di credere o mettere in discussione; di limitarsi a guardare passivamente o cominciare a notare le più o meno rilevanti incongruenze; di obbedire o iniziare a rifiutarsi di collaborare; di rimanere inerte o cominciare ad agire.

Già. Perché ogni spettatore potrebbe diventare attore. E invece, si lascia trasportare dal racconto subendolo, prestandogli fede e accorata attenzione, senza capire che la chiamata alla sua partecipazione consiste, se non altro, nel sospetto che dovrebbe provare di fronte a certe menzogne ma soprattutto nello sdegno innanzi a date malefatte.

Ma un uomo che non reagisce, un uomo che si limita ad esistere e si lascia vivere, non è un vero uomo. Finisce per essere, anche lui, l'ombra di ciò per cui è stato creato. Finisce per essere un manichino eterodiretto, immobile il più delle volte come uno spaventapasseri.

E cos'è uno spaventapasseri, se non l'immagine più triste e deteriore di un uomo di paglia?

https://t.me/Lanonaelica

08.04.202505:30

Tempi ed eroi

Lo sentite lo scandire del ritmo?
Quasi a passo di carica. In modo che le vite quotidiane scorrano sì nel solito tram tram, eppure a livello macro siano immerse in un succedersi degli eventi sempre più concitato, quasi frenetico.

Francis Fukuyama, dopo la caduta del muro di Berlino, si era spinto fino ad affermare che la storia si fosse fermata, come se con quell'evento si fosse cristallizzato un equilibrio destinato ad essere sostanzialmente eterno. La vittoria dell'Occidente sul gigante sovietico aveva sancito, per lui, il raggiungimento di un punto di svolta, nella traiettoria dell'evoluzione socioeconomica, che non presentava valide alternative: il destino era dunque già scritto.

Col senno di poi, niente di più sbagliato; a parte la cazzata intrinseca nel voler vedere in un dato snodo una sorta di fotografia, e non una semplice istantanea nel quadro di un più ampio film in eterno svolgimento, oggi siamo di nuovo testimoni di una situazione in cui tutto sta mutando a velocità iperbolica, con trasformazioni che anche solo un decennio fa sarebbero state inimmaginabili.

La caduta di ferree alleanze; le tensioni con vicini coi quali si era raggiunta una pace che sembrava ormai consolidata; l'esplosione del conflitto etnico in Medio Oriente come mai prima d'ora; l'apparente divisione del pianeta in blocchi di influenza; il gigante cinese che ormai non ha paura di mostrare i muscoli.

Già: il mondo è una polveriera pronta a brillare con fuochi d'artificio che, in confronto, quelli della seconda guerra mondiale sembrano bazzecole. Ma non tanto per lo spettro del nucleare: a quello sono in parecchi a non crederci.

Piuttosto, è la volontà di sterminio ad essere palpabile: Gaza da una parte, Ucraina dall'altra, hanno costituito un buon antipasto mediatico per il massacro al fronte che dovesse verificarsi in caso di chiamata alle armi di giovani (e non più giovani) europei.

Materialmente, invece, si era già dato il via alle danze già con l'imposizione del siero di Stato: l’ecatombe c'è, va avanti indisturbata, solo che non ha rilevanza sui servizi in TV, e dunque per i più è come se non esistesse.
Cionondimeno, l'eccesso di mortalità per tutte le case (così si definisce in letteratura), è ben quantificabile, e si traduce in decine di migliaia di morti per ogni singola nazione a maggioranza bianca. Non male, se davvero da epidemia a crisi economica a guerra è tutto frutto di un unico disegno senza soluzione di continuità.

Sullo sfondo, una digitalizzazione di tutto ciò che concerne le attività umane, moneta compresa, che guarda caso favorisce un controllo totalitario, nel miglior stile di quello che esige una società in stato di guerra più o meno conclamata.

Ovviamente, il perfetto tempismo di ogni passo in questo rocambolesco evolversi degli eventi è frutto di mere, fottutissime coincidenze.

Per chi ci crede.

Ma dovremmo ricordarci un fatto: il siero di Stato è stato chiesto a gran voce da quelli che avevano più paura e perciò chiedevano soluzione e cura, e proprio loro sono rimasti fottuti.

E adesso dovremmo essere noi a confidare in un salvifico evento esterno che porti magicamente ad un evolversi degli eventi a noi favorevole? Non rischieremmo così, per altro verso, di far la stessa fine di chi ha creduto nelle promesse del sistema, finendo per farsi inoculare?

Come dice quell'antico proverbio, "attento a che i tuoi desideri non si realizzino".

Perché una massima su tutte è sempre valida: "beati quei tempi e quei popoli che non hanno bisogno di eroi".

https://t.me/Lanonaelica

05.04.202506:28

Questione "dazi"

Fare 2+2 sembra diventata una cosa sempre più difficile. Ma sul serio? Ci facciamo accecare dal tifo o dalla diffidenza?

Se Trump (per il quale NON ho simpatia alcuna) è o sarà un problema, lo è o lo sarà per ben altri motivi, ma di certo non per i dazi.

Perché? È presto detto.

I cosiddetti "Globalisti" giocoforza non amano i confini. E abbiamo visto con quanta violenza è stato combattuto il movimento "NO GLOBAL" protagonista a fine anni '90 e primi anni 2000. Genova 2001 dovrebbe riportare alla mente qualcosa.

Ora si riparla di politiche di protezionismo. E non è forse più o meno ciò che ha fatto Reagan sotto il suo mandato? Ci si scorda che, ad esempio, la Harley è riuscita a rinascere come marchio ed industria a fine anni '80, proprio grazie ad una certa forma di manovre protezionistiche a monte?

Competere a livello globale avvantaggia i trasferimenti di capitali appartenenti tipicamente alla finanza transnazionale. Il che, di sicuro, non è un bene per chi campa del suo lavoro.

Al contrario, mettere dazi, ossia barriere di protezione, va a favore dello sviluppo di competenze e produzione sul territorio nazionale.

E non si parla di "autarchia", ma di semplice protezione dell'apparato industriale, manifatturiero e perfino agricolo dello Stato che quelle misure di sbarramento all'ingresso di prodotti esteri va a implementare.

Tradotto facile: quando l'Italia aveva una normativa severissima sui veicoli di provenienza extra CEE, come andava la nostra industria a 2 e 4 ruote? A gonfie vele è dire poco.

E allora, perché oggi tutti gridano allo scandalo per il ritorno dei dazi? Si vorrebbe proseguire con ciò che viene chiamato "The Road to Bangladesh", cioè con la competizione tra economie che hanno differenze così radicali nelle loro caratteristiche, da condurre inevitabilmente al disastro ogni nazione occidentale che accetti la filosofia "no border"?

C'è un vecchio libro che spiega bene i vari aspetti della produzione e del guadagno che caratterizzano le multinazionali: "No Logo", di Naomi Klein.

Libro diventato una sorta di "bibbia" proprio per il movimento "no global", e logicamente fatto cadere nel dimenticatoio ad opera di quelli che continuano volontariamente a confondere economia reale e finanza.

Ritornare ad un mondo dove i confini ci sono e la produzione rientra in seno alle varie nazioni, potrebbe essere un salutare passo indietro per buttare nel cesso quel fottuto inno al globalismo che è "Imagine" di John Lennon.

Invece, chissà quanti dei "No Global" di QUEGLI anni, col tempo si sono convertiti al globalismo di QUESTI fetidi anni, e ora si ritrovano a tifare fieramente contro i dazi rimangiandosi ogni più elementare concetto di difesa di produzione e domanda interna.

Il lavaggio del cervello attuato dai media ha sortito effetti devastanti, tanto che per la maggior parte della gente i dazi sono diventati "nemici" dei lavoratori e dei consumatori. Un po' come dire che l'acqua è asciutta o il fuoco è freddo, o che un liquame sperimentale è sicuro ed efficace, e tutti ci credono.

Ma l'unione europea (volutamente in minuscolo), ci ha abituato a questo e a ben altro. Ora siamo arrivati a "la guerra è pace".

"La fame è salute" e "la povertà è ricchezza", molto presto sui nostri schermi con una crudezza che, in confronto, le condizioni pur critiche di questi ultimi 15 anni sembreranno una passeggiata nel parco. Il tutto tra gli applausi scroscianti del pubblico, ovviamente.

Ma fino a quando potrà durare?

Non si può negare per sempre l'evidenza. E la dura realtà, prima o poi, presenta sempre il suo conto, perché lo stomaco vuoto porta spesso a ragionare meglio e soprattutto a reagire di più.

Specie quando ti svegli dall'ipnosi e realizzi che chi ti ha proposto quel siero che ti ha ammazzato la moglie o i genitori è lo stesso che ti ha privato del lavoro, ti ha ridotto sul lastrico e ora vuole portare i tuoi figli al fronte.

Sì. Prima o poi i nodi verranno al pettine.

E finalmente, per questa classe politica criminale non andrà tutto bene.

https://t.me/Lanonaelica

02.04.202505:37

Ancora cartoni animati dalla casa di produzione Space X: stavolta è il turno della prima missione umana sopra i poli.

Dalle bugie della NASA a quelle del nuovo idolo delle folle, Musk, la trama non cambia: supposte di fantasia per quei poveri creduloni di Goyim.

Il nome della navicella: Crew Dragon Resilience. Per portare la RESILIENZA anche oltre i confini della Terra.

Masseneandassero affanculo.

@Lanonaelica

02.04.202505:37

27.03.202506:54

Spazio e cabrón

Come se non avessimo altro di cui preoccuparci, ultimamente il mainstream continua a propinarci notizie sulla corsa allo spazio, quasi fossimo tornati all'epoca delle prime missioni Apollo.

Cioè, non si fa in tempo ad assistere al ritorno degli astronauti rimasti bloccati sulla stazione spaziale, che già la Falcon riparte per sistemare nuovi satelliti lassù in orbita. Manco una compagnia aerea di prim'ordine sarebbe tanto veloce ed organizzata da riuscire ad approntare missioni così difficili ogni 3x2.

O forse, più semplicemente, bisogna battere il ferro finché è caldo. Tradotto: visto che la gente continua a bersi ogni puttanata, alziamo l'asticella del ridicolo per verificare fin dove ci possiamo spingere.

Et voilà, ecco che la spirale comparsa nei cieli europei giusto l'altro giorno è stata attribuita, udite udite, al carburante in eccesso espulso dal vettore della Space X: in pratica, il combustibile rilasciato in alta quota si sarebbe congelato istantaneamente, e avrebbe riflesso così la luce solare dando origine al fenomeno della spirale visibile ad occhio nudo praticamente su tre quarti d'Europa.

Ma che, dicono sul serio? E allora, perché cazzo questa storia non capita ogni santa volta che il Falcon parte per una missione? Come funziona, ora sì ora no? Dipende dal tipo di combustibile, perché una volta è benzina verde, un'altra diesel e un'altra ancora polvere di stelle?

Ma soprattutto, come è che parti con un carico di carburante in eccesso, quando conta ogni singolo grammo di peso che non sia strettamente necessario? Perché non stiamo parlando di una pisciatina lasciata andare da uno sfiatatoio, ma di un qualcosa che sarebbe stato tanto imponente da generare una spirale visibile su un intero continente.

Esperimento di Blue Beam o misterioso fenomeno naturale, qui le cronache spaziali sono credibili quanto una moneta da 3 euro.

Un po' come la storia di quegli astronauti che dovevano stare in orbita per 8 giorni, giusto il tempo di un caffè e qualche lavoretto di manutenzione, e invece sono rimasti bloccati per mesi sulla stazione spaziale. Le provviste, chiedete? Ma per favore, non venite a dirmi che non sapete che lassù, proprio nelle vicinanze della ISS, hanno un discount fornito di ogni genere di prima necessità e pure di qualche bene voluttuario (che so, lacca per capelli, ad esempio. O barrette energetiche al buonissimo sapore di insetto e lampone). È un negozio facilmente raggiungibile e aperto H24: basta mettersi casco e tuta, ti fai una passeggiatina, e puoi ritrovare il gusto del centro commerciale anche in quella desolata landa spaziale.

Per le spese straordinarie eventualmente occorse, non c'è problema: Trump ha fatto sapere che provvederà lui stesso, di tasca sua, a integrare la misera diaria degli astronauti, a cui la NASA non ha riconosciuto nemmeno lo straordinario. Già, questo è il livello delle notizie.

Totale: dopo essere stati prelevati dalla Dragon (altro nome evocativo) di Space X, sono atterrati, di ritorno, con un botolo a mo' di damigiana tenuto su da quattro paracaduti. La forma particolare della capsula si vocifera sia stata scelta non tanto per questioni aerodinamiche, ma perché bisogna essere ubriachi per credere a tante cazzate messe in fila così, una di seguito all'altra.

Poi, subito si riparte con qualche congegno da appendere in cielo, giusto per alimentare quella favola che vuole siano migliaia i satelliti già in orbita geostazionara quando ancora non si ha una foto reale, nemmeno una!, di uno di questi famigerati attrezzi nello spazio.

La verità nuda e cruda è molto semplice: Falcon, Dragon, ISS sono un test per verificare fin dove arriva la dabbenaggine della gente. Non fosse così, le produzioni sarebbero senz'altro all'altezza di quelle cinematografiche.

E invece, ci danno in pasto attori di quart'ordine, manichini, cartonati e cotillon. Tutta fuffa, computer grafica e niente più.

Ma c'è chi ancor ci crede, come un povero cabrón.

https://t.me/Lanonaelica

27.03.202506:39

Cronache surreali dallo spazio. Modalità ritardo: ON.
Perché l'importante è crederci.

@Lanonaelica

24.03.202508:21

La sottile linea rossa

C'è un dato che viene trascurato, come se fosse di poca importanza: la differenza esistente tra la moneta elettronica, a cui ormai siamo tutti abituati, e la moneta prossima ventura, ossia la Central Bank Digital Currency. CBDC, per gli addetti ai lavori.

La prima, che fondamentalmente è liquidità detenuta in un conto corrente bancario, consente agevolmente una piena tracciabilità delle spese, ma come caratteristica precipua ha quella di poter essere fisicamente prelevata sotto forma di contante. E lì, nessun monitoraggio può essere eseguito, se non "a valle" (cioe su acquisti di beni che implichino una registrazione obbligatoria), e necessariamente in modo solo parziale. Tradotto: sono assicurate sia la riservatezza, sia la possibilità di occultare al fisco le relative transazioni.

La seconda, invece, è un enorme passo avanti in direzione del controllo totale: basti considerare la programmabilità intrinseca della CBDC, che può essere limitata a monte nella capacità di spesa, o nel quantitativo, o perfino nel tempo di spendibilità. E chi decide quanto spendere, in cosa spendere (ad esempio, quali sono i beni essenziali e quelli voluttuari?), in che tempi spendere?

Già oggi la situazione, con la moneta elettronica tout court, non è delle migliori: sono sempre più frequenti le notizie riguardanti il congelamento dei conti di titolari identificati dai decisori come "dissidenti".
Ha aperto la strada il Canada con gli esponenti e i sostenitori del movimento di protesta noto come "Convoglio".
Ha seguito poi, come vittima, la Russia, che si è vista sanzionare dall'Occidente libero subendo blocchi di transazioni finanziarie, espropri delle giacenze nelle banche americane ed europee, sequestri di proprietà immobiliari.
E ora, nella vecchia cara Europa, è il turno di associazioni e/o cittadini comuni, se ritenuti troppo chiacchieroni dal sistema di potere.

Figo, no? Se non accetti il debunking di regime, che in massima parte equivale alla legittimazione delle bufale propalate dai media e alla ridicolizzazione delle voci contrarie, puoi subire il cosiddetto "freezing" (congelamento delle risorse, appunto) o, perché no, il "debanking", ossia il blocco delle operazioni effettuabili sul conto: bollette, prelievi, versamenti, pagamenti, tutto reso impossibile con un veto a monte o perfino chiusura del conto stesso.

Ed ecco qua, su un piatto d'argento, la modernità servita in tutto il suo splendore.
Sì. Parecchio brutto e altrettanto grave.

Eppure, ben altra storia rispetto a quella CBDC che da ottobre prenderà il via qui nella zona Euro sotto la guida della Lagarde.

“Ma non sarà obbligatoria”, sottolineano alcuni. “Ma rimarrà in vigore anche il contante”, chiosano altri.
Mi viene da chiedere: ci sono o ci fanno?

Ricordiamoci cosa è successo col famigerato liquame di Stato in epoca COVID.

Adesso che si parla apertamente di guerra, pensiamo davvero sia tanto difficile imporre per motivi EMERGENZIALI la conversione di tutto il danaro in CBDC controllato da relativa blockchain?

Uniamo i puntini: già si avviano i primi esperimenti a base di premialità sulla tessera sanitaria, se ti sottoponi ai controlli suggeriti dal sistema. È solo un dettaglio quello per cui si inizia proprio con un esame al colon: ciò che richiede, molto iconicame, il mettersi letteralmente a 90 gradi. Ma lo sappiamo: a loro signori piace giocare, anche con certa simbologia.

Ora, quanto ci vuole per passare dal concetto di premio a quello di obbligo e, in caso di inadempienza, relativa sanzione? Magari erogata direttamente, giustappunto, sul tuo conto corrente. O, ancora più agevole, sul tuo portafoglio non convertibile di CBDC. Della serie: se non ti metti carponi, è pronta la tagliola.

Alla faccia dell'"abbiamo già vinto": è una sottile linea rossa. Pericolosa come non mai.

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Кайра бөлүшүлгөн:

Lanonaelica

20.03.202507:14

15 minuti.

Il ritardo è una cosa che si ha dentro, nel sangue.

È come una sorta di destino, che chi non vive non può capire e prende per mancanza di rispetto. Ma non è questo: è che se uno non è nato organizzato e vive "tottu ghettau a pari" (traduzione per chi non è della mia zona: confusione più completa), può essere il cane che si mette di traverso, o la macchina che improvvisamente decide che ne ha i coglioni pieni dei suoi 24 anni di vita, o semplicemente che hai perso per la millesima volta l'unico mazzo delle chiavi di casa in mezzo al casino, e allora hai voglia di provare ad essere puntuale.

Ma in fondo non deve essere cosa così grave, se del ritardo si è fatto addirittura un'istituzione: perché che cos'è il quarto d'ora accademico se non una istituzionalizzazione vera e propria di una tradizione di ritardo?

Un quarto d'ora si perdona a tutti. In 15 minuti si può sfogliare un giornale; fumarsi una sigaretta al tavolino di un bar in compagnia di un buon caffè; cazzeggiare guardandosi intorno per osservare l'umanità in tutte le sue mille sfaccettature; prendersi il tempo per stare coi propri pensieri e organizzarsi il resto della giornata, e magari non solo.

Un quarto d'ora è un niente. Vola via. Non a caso Andy Warhol, nella sua infinita sagacia, aveva predetto in una frase così iconica da essere stata incisa sulle mura del New York Museum of modern art nel 1970: "In futuro tutti saranno famosi per 15 minuti", ad indicare una fama effimera, passeggera, di scarso valore come può essere quella regalata dall'attenzione dei Mass media per il classico quarto d'ora, prima che si spostino come sciacalli su qualche altro argomento. Insomma: la fama usa e getta.

Usa e getta. Appunto. 15 minuti in cui i media usano il personaggio e poi lo gettano via. La cultura del consumo veloce e della frenesia cadenzata in ritmi sempre più forsennati, dove anche il quarto d'ora può fare la differenza.

15 minuti. Ed Andy Warhol. Il personaggio chiave di quella pop art che sovvertirà il gusto delle masse, grazie ad un battage mediatico orchestrato e finanziato - secondo molte fonti - dai servizi segreti USA e dai soliti onnipresenti Rockefeller nell'ottica di una autentica riconfigurazione del pensiero popolare. Un taglio netto con la cultura del bello e dell'armonia per far spazio, in nome di una finta rivoluzione, alla cacofonia di musica, colori e forme. La bellezza e la maestria soppiantate dal brutto e dall'insulso.

15 minuti. Una frazione dell'ora divenuta un simbolo. Da simbolo di vita rilassata, a simbolo di frenesia mediatica (ricordate il film con De Niro, "Follia omicida a New York"?), a simbolo di coercizione con le "città da 15 minuti".

È il prossimo passo dell'Agenda.
L'ennesima risposta del sistema a ciò che era ed è umano: il ritardo. Perché non siamo automi, non viviamo su binari cronometrati, e abbiamo delle vite.
Vite che ora ci vogliono costringere entro spazi di 15 minuti.

Saranno richiesti permessi, autorizzazioni, lasciapassare. Sanzioni, multe e penalizzazioni per quanti non rispetteranno le prescrizioni.
Il tutto in nome dell'impatto ambientale, come se respirare fuori dall'uscio di casa o a 25 chilometri o a 100 facesse differenza. E come se davvero ci fosse un qualche cambiamento climatico che non dipenda solo ed esclusivamente dalle sempre più massicce irrorazioni chimiche che stanno facendo nei cieli.

Li chiamano settori. O zone.
Noi li chiamiamo ghetti. Ghetti di 15 minuti.
Le nostre vite ridotte ad un'autonomia quantificata, guarda caso, da uno degli alfieri più in vista del nuovo ordine mondiale.

Prima la falsa rivoluzione del pop.
Ora la vera rivoluzione del carcere a cielo aperto.
La matrice è la stessa.

Mai come adesso sarà fondamentale prenderci il nostro tempo per arrivare con tutto il ritardo possibile a questo appuntamento impostoci dall'alto.

E che si fottano, loro e Andy Warhol.

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17.03.202508:12

La vecchia puttana

"Pace, Prosperità, Progresso": le famose tre "P" che, messe insieme, almeno in teoria dovrebbero servire per valutare l'operato di chi è preposto a governare la cosa pubblica.

Ebbene, oggi abbiamo una plastica rappresentazione di quanto questo criterio sia stato calpestato, vituperato e letteralmente capovolto in questa Europa che, contrariamente alle magnifiche sorti e progressive che ci erano state promesse, si è rivelata invece la Puttana al servizio dei più oscuri e tirannici poteri.

Pace: certo, come no. Né quella sociale, vista la crisi dilagante e l'immigrazione selvaggia, né quella nelle relazioni internazionali, dato il susseguirsi degli eventi in quel dell'Ucraina, nonostante questa sia una nazione al di fuori dell'Unione Europea e della NATO.
Intanto, nella vicina Serbia stanno già andando in scena le prime fasi di una drammatica replica di ciò che è stato negli anni '90; la Romania brucia di rivolte popolari per la vicenda Georgescu; la Grecia segue a ruota a causa di un tracollo economico e sociale che non ha precedenti.
Questa è la Pax europea, bellezza: con un riarmo già messo lì, sul piatto, per un esercito che possa fronteggiare il nemico esterno (ma quando mai) e soprattutto quello interno. Ossia, la popolazione in aperta rivolta.

Prosperità: altro obiettivo raggiunto a punteggio pieno. Senza materie prime, con i principali canali di approvvigionamento tagliati causa frattura delle relazioni con i rispettivi fornitori extra europei, il vecchio continente si rifornisce di pale e pannelli prodotti in quella Cina che si fa beffe degli obiettivi green aprendo a più non posso centrali a carbone e nucleari.
In sostanza, stiamo legando il nostro futuro ad una fonte energetica che non solo proviene da una potenza concorrente, ma che ha pure un'efficienza clamorosamente negativa nel suo ciclo di vita, e ciò anche senza considerare la sua produzione, bensì esclusivamente i costi di smaltimento. Quando si dice: il genio in azione.

Ma questo è niente: tassazione alle stelle, ritorno in servizi disastroso, speranze in un domani migliore massacrate, fiducia ai minimi, sanità pubblica ormai in fase di implosione, tracollo industriale ed occupazionale, risparmi in violenta contrazione. Cosa vogliamo di più? Ah, già, gli espropri: hanno cominciato dai terreni, ma non finirà certamente lì. Le case e i depositi in banca sono il prossimo passo, peraltro preannunciato con finestre di Overton spalancate ai quattro venti.

Progresso: anche qui, la situazione è di un'evidenza lapalissiana. Strade in macerie, quartieri popolari che sono l'immagine perfetta del degrado, edilizia che quando è nuova è in cartapesta e quando è ristrutturazione è una leccata da rifare dopo appena un lustro. Cioè, viviamo in mezzo ai resti di un passato in cui senza energia elettrica, tra guerre e pestilenze, con attrezzi e conoscenze risibili in confronto a quelle attuali, i nostri antenati sono stati capaci di innalzare autentici capolavori, e oggi l'unica cosa che l'Europa è in grado di produrre è bruttura allo stato puro?

Le tre “P” sono state demolite. Al loro posto una povertà assoluta: di valori. Di ideali. Di idee. Di coraggio. Di lungimiranza.

La povertà, anzi l'umana miseria, a farla da Padrona. E la sua incarnazione su questa terra, proprio colei che magistralmente riassume in sé le peggiori caratteristiche di questo stato di cose, ricopre la massima carica istituzionale di tanto ciarpame.

Sì. L'Europa ridotta al rango di una vecchia, lurida meretrice che ha tradito se stessa e i suoi popoli per abbracciare una visione di morte.

Non resterà neanche il ricordo di ciò che eravamo, se continueremo a lasciarli fare.

https://t.me/Lanonaelica

17.03.202505:37

14.03.202506:22

Apri gli occhi

Per una volta, proviamo a non fare cronaca. Limitiamoci ad un esercizio di fantasia.

E allora, chiudi gli occhi e per un momento immagina di vivere in un Paese legato mani e piedi ad un'alleanza militare che, sotto il rassicurante appellativo di Volenterosi, sia in procinto di riarmarsi, pur avendo letteralmente le pezze al culo.

Immagina che quel Paese sia stato sconfitto nella seconda guerra mondiale in modo così clamoroso da essere stato costretto a firmare una resa incondizionata, per di più tanto vergognosa nei suoi termini fondamentali che alcuni di questi sono tutt'ora sottoposti a rigorosa secretazione.

E immagina che ciò abbia consentito di sottoporre il Paese ad una deindustrializzazione talmente feroce da portarlo da quarta potenza mondiale nei primi anni 90, ad un'odierna crisi economica e sociale che non accenna a finire.

Immagina che tale Nazione, a dispetto di tutto ancora capace di esprimere una manifattura di prim'ordine, nell'ambito di un panorama di dilagante desertificazione industriale mantenga inspiegabilmente una delle sue punte di diamante in un consorzio fortemente orientato alla produzione di armamenti, e che a dirigere questo conglomerato tecnologicamente all'avanguardia venga messo un tale che, appena prima, era a capo del dicastero dedicato alla transizione ecologica.

Immagina un veto calato su qualsiasi dubbio in merito alla compatibilità tra i due incarichi, i quali solo deontologicamente appaiono in antitesi, ma grazie alla scorrevolezza di certe porte girevoli e in virtù di dati canali preferenziali vengono proposti, dal sistema, come perfettamente conciliabili.

Di nuovo, immagina che anni prima questo stesso Deus ex Machina abbia pubblicamente dichiarato che il pianeta è stato costruito per 3 miliardi di persone: il regime non permette comunque di preoccuparsi del fatto che proprio a costui sia affidata la dirigenza di un’impresa avente nella capacità bellica il suo business principale, benché la parola guerra faccia spesso rima con quel concetto di riduzione della popolazione, curiosamente assai caro anche all'ampia pletora di ambientalisti tanto affezionati alle politiche green.

Ma siccome abbiamo molta fantasia, aggiungi pure a tutto ciò un'ipotetica mancanza di materie prime, e che pertanto a certa elite del Paese non appaia troppo ardito lo stratagemma di trovare un accordo con la nazione israelita allo scopo di avere dei vantaggi sulle forniture di gas e petrolio, essenziali per l'approvvigionamento energetico, e in cambio le siano consegnate le chiavi per ottenere segreti che possono rendere facilmente ricattabili esponenti di spicco del proprio apparato politico e mediatico.

Già. Immagina una condizione di sostanziale assenza di qualsiasi margine di manovra, in cui i politici debbano solo far finta di appartenere a due differenti schieramenti, ma a turno si diano il cambio per perseguire una medesima agenda decisa in ben differenti consessi. E immagina altresì che ogni qual volta qualcuno osi alzare la testa, l'arma dell'omicidio e/o della strage sia pronta a calare sul campo come una mannaia per sciogliere immediatamente ogni sussulto non dico di autonomia, ma di semplice dignità.

Sì. Immagina questo quadro ove il Paese, ormai privo di un vettore aereo di bandiera, spogliato pure del fiore all'occhiello che era la sua compagnia telefonica, svenduto per quattro soldi ad azionisti stranieri in tutte le proprie eccellenze industriali, sia poi posto alla mercé di un'elite transfrontaliera bramosa di spolparne anche i risparmi privati, appena prima di completare un piano di sostituzione etnica in essere da oltre un trentennio.

Ecco. L'immagine è appena accennata, giusto quel minimo che basta per suggerire un'idea di caduta libera verso il precipizio.

Ora: puoi fermare l'esercizio, fare un respiro profondo, asciugarti il sudore sulla fronte, controllare le palpitazioni, e ringraziare di non vivere in un incubo così.

Sì. Adesso, puoi aprire gli occhi.

Ho detto: apri gli occhi.

E, se ne hai il coraggio, datti uno sguardo attorno.

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Бардык посттор