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TrueCaller
SI
SilvioDallaTorre
Spes contra spem
TGlist रेटिंग
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प्रकारसार्वजनिक
सत्यापन
असत्यापितविश्वसनीयता
अविश्वसनीयस्थान
भाषाअन्य
चैनल निर्माण की तिथिFeb 08, 2025
TGlist में जोड़ा गया
Aug 31, 2024संलग्न समूह
SI
Spes contra spem
30
18.02.202500:08
LA RIUNIONE DI PARIGI
Chiunque guardi al presente con un po’ di buon senso non può non sapere che solo attraverso un fattivo legame economico e politico con la Russia l’Unione Europea sarebbe potuta diventare qualcosa di diverso dalla squallidissima cosa che è. La vicinanza geografica, l’estensione del territorio, la presenza di materie prime di tutti i tipi, fanno della Russia un potenziale mercato di sbocco per le merci europee e soprattutto tedesche. Mantenere quanto meno dei rapporti di buon vicinato avrebbe dovuto rappresentare uno dei principali obiettivi delle classi dirigenti del continente.
Come sappiamo, le cose non sono andate così. In questi anni l’Europa ha seguito docilmente gli Stati Uniti nel loro tentativo di indebolire in modo definitivo la Russia e possibilmente dividerla in una miriade di staterelli in lotta tra loro. Questo progetto è stato sul punto di riuscire negli anni Novanta del secolo scorso, quando il paese è stato travolto da un’ondata apparentemente inarrestabile di disordine e confusione. Quando poi, con la salita al potere di Putin, la situazione interna del paese si è andata lentamente normalizzando, si è pensato di favorire la disgregazione della Russia usando il grimaldello ucraino. Il colpo di stato di piazza Maidan avrebbe dovuto essere la prima tappa di un percorso che prevedeva l’entrata nella NATO di paesi storicamente neutrali come Svezia e Finlandia, la destabilizzazione della Bielorussia , l’entrata nella NATO della Georgia, la guerra tra Armenia e Kazakistan e chissà quante altre provocazioni. L’ultima tappa doveva essere un cambiamento di regime con l’insediamento al Cremlino di un fantoccio prono alle potenze occidentali come lo era stato Boris Eltsin, il presidente ubriacone che aveva gestito il passaggio dal socialismo all’economia di mercato.
Purtroppo, per gli strateghi della NATO, questo progetto si è realizzato solo in minima parte. La guerra in Ucraina si è rivelata un boomerang. La Russia non è stata piegata né sul piano militare, né attraverso le sanzioni. L’opinione pubblica occidentale ha cominciato, dopo un primo momento di sbandamento, a diffidare della narrazione che voleva un aggredito (l’Ucraina) e un aggressore (la Russia). La propaganda di regime è riuscita a convincere solo un ceto medio semi colto sempre più alla deriva, ma non le persone comuni, le quali si sono rese conto che le parole ben false delle televisioni nascondevano fatti ben veri come l’aumento delle bollette, il taglio dei servizi, la diminuzione della produzione industriale, la crescita della disoccupazione.
La vittoria di Trump, il cui mandato e’ chiudere una guerra che non può essere vinta, e la sua decisione di incontrare Putin (su cui, ricordiamolo, pende una condanna del tribunale dell’Aja) hanno messo nel panico le oligarchie europee. Dopo aver pedissequamente seguito il gruppo Dem, anche a costo di andar contro l’interesse dei loro popoli, ora si trovano di fronte a un nuovo padrone. La riunione indetta a Parigi da Macron è il tentativo di dare una risposta collettiva ad una sfida che le minaccia.
Per fortuna questo tentativo non sembra riuscito. Le prime notizie che filtrano dicono che nessuna linea comune è stata decisa. C’è chi vuole mandare truppe in Ucraina, chi lo rifiuta categoricamente , chi è incerto. A porre un freno al furore bellicista di questa squallida gente non sono gli scrupoli morali, visto che del destino degli ucraini non gliene può importar di meno, ma l’impossibilità di reperire truppe da inviare al fronte. E’ quindi probabile che essi riescano a strascinare la guerra per qualche giorno, ma non siano in grado di fare altri danni.
Chiunque guardi al presente con un po’ di buon senso non può non sapere che solo attraverso un fattivo legame economico e politico con la Russia l’Unione Europea sarebbe potuta diventare qualcosa di diverso dalla squallidissima cosa che è. La vicinanza geografica, l’estensione del territorio, la presenza di materie prime di tutti i tipi, fanno della Russia un potenziale mercato di sbocco per le merci europee e soprattutto tedesche. Mantenere quanto meno dei rapporti di buon vicinato avrebbe dovuto rappresentare uno dei principali obiettivi delle classi dirigenti del continente.
Come sappiamo, le cose non sono andate così. In questi anni l’Europa ha seguito docilmente gli Stati Uniti nel loro tentativo di indebolire in modo definitivo la Russia e possibilmente dividerla in una miriade di staterelli in lotta tra loro. Questo progetto è stato sul punto di riuscire negli anni Novanta del secolo scorso, quando il paese è stato travolto da un’ondata apparentemente inarrestabile di disordine e confusione. Quando poi, con la salita al potere di Putin, la situazione interna del paese si è andata lentamente normalizzando, si è pensato di favorire la disgregazione della Russia usando il grimaldello ucraino. Il colpo di stato di piazza Maidan avrebbe dovuto essere la prima tappa di un percorso che prevedeva l’entrata nella NATO di paesi storicamente neutrali come Svezia e Finlandia, la destabilizzazione della Bielorussia , l’entrata nella NATO della Georgia, la guerra tra Armenia e Kazakistan e chissà quante altre provocazioni. L’ultima tappa doveva essere un cambiamento di regime con l’insediamento al Cremlino di un fantoccio prono alle potenze occidentali come lo era stato Boris Eltsin, il presidente ubriacone che aveva gestito il passaggio dal socialismo all’economia di mercato.
Purtroppo, per gli strateghi della NATO, questo progetto si è realizzato solo in minima parte. La guerra in Ucraina si è rivelata un boomerang. La Russia non è stata piegata né sul piano militare, né attraverso le sanzioni. L’opinione pubblica occidentale ha cominciato, dopo un primo momento di sbandamento, a diffidare della narrazione che voleva un aggredito (l’Ucraina) e un aggressore (la Russia). La propaganda di regime è riuscita a convincere solo un ceto medio semi colto sempre più alla deriva, ma non le persone comuni, le quali si sono rese conto che le parole ben false delle televisioni nascondevano fatti ben veri come l’aumento delle bollette, il taglio dei servizi, la diminuzione della produzione industriale, la crescita della disoccupazione.
La vittoria di Trump, il cui mandato e’ chiudere una guerra che non può essere vinta, e la sua decisione di incontrare Putin (su cui, ricordiamolo, pende una condanna del tribunale dell’Aja) hanno messo nel panico le oligarchie europee. Dopo aver pedissequamente seguito il gruppo Dem, anche a costo di andar contro l’interesse dei loro popoli, ora si trovano di fronte a un nuovo padrone. La riunione indetta a Parigi da Macron è il tentativo di dare una risposta collettiva ad una sfida che le minaccia.
Per fortuna questo tentativo non sembra riuscito. Le prime notizie che filtrano dicono che nessuna linea comune è stata decisa. C’è chi vuole mandare truppe in Ucraina, chi lo rifiuta categoricamente , chi è incerto. A porre un freno al furore bellicista di questa squallida gente non sono gli scrupoli morali, visto che del destino degli ucraini non gliene può importar di meno, ma l’impossibilità di reperire truppe da inviare al fronte. E’ quindi probabile che essi riescano a strascinare la guerra per qualche giorno, ma non siano in grado di fare altri danni.
15.02.202514:15
Le parole pronunciate da Mattarella a Marsiglia non riguardano gli eventi di novanta anni fa , ma il presente. Nel pieno di una difficile trattativa che può decidere della vita o della morte di decine di migliaia di persone e di cui non può non essere stato in qualche modo informato, Mattarella se ne esce paragonando la Russia attuale alla Germania nazista. Il messaggio è chiarissimo a tutti quelli che lo vogliano capire: la guerra in Ucraina deve continuare.
È evidente che il nostro presidente della Repubblica non parlava né in qualità di garante dell'unità nazionale né come esponente cattolicesimo sociale, ma come autorevole rappresentante dell'elite politica europea. Quest' ultima, essendosi legata in un abbraccio mortale con i dem americani, teme di essere delegittimata dalla fine del conflitto e per questo cerca di sabotare le trattative di pace.
Questo è quanto.
È evidente che il nostro presidente della Repubblica non parlava né in qualità di garante dell'unità nazionale né come esponente cattolicesimo sociale, ma come autorevole rappresentante dell'elite politica europea. Quest' ultima, essendosi legata in un abbraccio mortale con i dem americani, teme di essere delegittimata dalla fine del conflitto e per questo cerca di sabotare le trattative di pace.
Questo è quanto.
08.02.202514:58
ANTISEMITISMO e ANTISIONISMO
Nel 2016 Giorgio Napolitano affermò, in un discorso ufficiale, che - L'antisionismo è un travestimento dell'antisemitismo- .
Con questa equiparazione l'allora presidente della Repubblica legava indissolubilmente la sinistra italiana e l'intero paese al carro dello stato di Israele. La tradizionale funzione mediatrice dell'Italia veniva definitivamente meno: bisognava stare da una parte e solo da quella. Chi non si fosse adeguato rischiava di essere equiparato ai seguaci di Hitler.
Io non so cosa abbia spinto l'ex responsabile della politica estera del PCI, che in tale veste incontrò svariare volte Arafat esprimendo sostegno alla causa palestinese, a fare un'uscita di quel tipo. Sulla cruciale figura di Giorgio Napolitano e su cosa abbia realmente rappresentato nella storia italiana penso vi siano ancora moltissime cose da capire e scoprire. Quel che so di certo è che, al punto in cui siamo arrivati, questa affermazione dovrebbe essere ribaltata. Chi vuole preservare l'onore della grande tradizione culturale e civile ebraica non può che essere antisionista.
Non escludo che le intenzioni dei sionisti delle origini fossero molto diverse da quelle dei loro epigoni. Resta il fatto che il sionismo è oggi il paravento ideologico attraverso il quale si giustificano azioni ignobili come la pulizia etnica e il massacro delle popolazioni civili . Prendere le distanze da questa forma di nazionalismo su base religiosa è assolutamente necessario.
Nel 2016 Giorgio Napolitano affermò, in un discorso ufficiale, che - L'antisionismo è un travestimento dell'antisemitismo- .
Con questa equiparazione l'allora presidente della Repubblica legava indissolubilmente la sinistra italiana e l'intero paese al carro dello stato di Israele. La tradizionale funzione mediatrice dell'Italia veniva definitivamente meno: bisognava stare da una parte e solo da quella. Chi non si fosse adeguato rischiava di essere equiparato ai seguaci di Hitler.
Io non so cosa abbia spinto l'ex responsabile della politica estera del PCI, che in tale veste incontrò svariare volte Arafat esprimendo sostegno alla causa palestinese, a fare un'uscita di quel tipo. Sulla cruciale figura di Giorgio Napolitano e su cosa abbia realmente rappresentato nella storia italiana penso vi siano ancora moltissime cose da capire e scoprire. Quel che so di certo è che, al punto in cui siamo arrivati, questa affermazione dovrebbe essere ribaltata. Chi vuole preservare l'onore della grande tradizione culturale e civile ebraica non può che essere antisionista.
Non escludo che le intenzioni dei sionisti delle origini fossero molto diverse da quelle dei loro epigoni. Resta il fatto che il sionismo è oggi il paravento ideologico attraverso il quale si giustificano azioni ignobili come la pulizia etnica e il massacro delle popolazioni civili . Prendere le distanze da questa forma di nazionalismo su base religiosa è assolutamente necessario.
19.02.202516:40
IL PROFESSORE UNIVERSITARIO MEDIO
Nel collasso del sistema educativo italiano penso che il comparto che se la passa peggio sia quello universitario.
Non voglio, naturalmente, fare alcuna generalizzazione. So benissimo che tra i professori universitari vi sono degli studiosi di grande valore. In generale, però, è difficile sfuggire all'impressione che il professore universitario medio, in particolare quello di discipline umanistiche (ma temo che tra gli scienziati le cose non vadano molto meglio), sia più stupido dell'operaio, dell'impiegato, del contadino medio.
Questo non è solo dovuto alla crisi della figura dell'intellettuale, che ha investito l'intero Occidente, ma anche a ragioni radicate nella storia del nostro paese e nell'organizzazione della sua Università.
L'accesso alla cattedra ( non prendo nemmeno in considerazione chi vi arriva per nepotismo o attraverso pratiche camorristiche) avviene dopo lunghi anni di dipendenza quasi servile nei confronti di un protettore. Questo ingenera una perniciosa abitudine al conformismo, che col tempo diviene una seconda natura.
Il professore universitario vive poi in una bolla autoreferenziale. Gli studenti sono, nei casi migliori, dei volti che fanno da sfondo alle lezioni, più spesso una seccatura che sottrae qualche ora di tempo prezioso. L'unico rapporto che conta è quello con i cinquanta colleghi della propria disciplina, nei cui confronti si ingenera un sentimento improntato in qualche caso alla solidarietà, più spesso all'astio e all'invidia. In queste condizioni il contatto con il mondo, su cui solo può poggiare ogni vera conoscenza, tende a rarefarsi.
Infine, il professore universitario è indisponibile al confronto. Sentendosi erede della grande tradizione umanistica, si rivolge al prossimo parlando ex cathedra. Ogni obiezione viene da lui percepita come un'offesa alla scienza e alla cultura. Ciò avviene anche nei social, dove questa postura assume un carattere involontariamente farsesco.
In conclusione: conformismo, autoreferenzialità, intolleranza e presunzione: questi sono i vizi del professore universitario medio. Messi insieme , ne viene fuori una figura che, in termini popolareschi, si può definire in un sol modo: un perfetto coglione.
Nel collasso del sistema educativo italiano penso che il comparto che se la passa peggio sia quello universitario.
Non voglio, naturalmente, fare alcuna generalizzazione. So benissimo che tra i professori universitari vi sono degli studiosi di grande valore. In generale, però, è difficile sfuggire all'impressione che il professore universitario medio, in particolare quello di discipline umanistiche (ma temo che tra gli scienziati le cose non vadano molto meglio), sia più stupido dell'operaio, dell'impiegato, del contadino medio.
Questo non è solo dovuto alla crisi della figura dell'intellettuale, che ha investito l'intero Occidente, ma anche a ragioni radicate nella storia del nostro paese e nell'organizzazione della sua Università.
L'accesso alla cattedra ( non prendo nemmeno in considerazione chi vi arriva per nepotismo o attraverso pratiche camorristiche) avviene dopo lunghi anni di dipendenza quasi servile nei confronti di un protettore. Questo ingenera una perniciosa abitudine al conformismo, che col tempo diviene una seconda natura.
Il professore universitario vive poi in una bolla autoreferenziale. Gli studenti sono, nei casi migliori, dei volti che fanno da sfondo alle lezioni, più spesso una seccatura che sottrae qualche ora di tempo prezioso. L'unico rapporto che conta è quello con i cinquanta colleghi della propria disciplina, nei cui confronti si ingenera un sentimento improntato in qualche caso alla solidarietà, più spesso all'astio e all'invidia. In queste condizioni il contatto con il mondo, su cui solo può poggiare ogni vera conoscenza, tende a rarefarsi.
Infine, il professore universitario è indisponibile al confronto. Sentendosi erede della grande tradizione umanistica, si rivolge al prossimo parlando ex cathedra. Ogni obiezione viene da lui percepita come un'offesa alla scienza e alla cultura. Ciò avviene anche nei social, dove questa postura assume un carattere involontariamente farsesco.
In conclusione: conformismo, autoreferenzialità, intolleranza e presunzione: questi sono i vizi del professore universitario medio. Messi insieme , ne viene fuori una figura che, in termini popolareschi, si può definire in un sol modo: un perfetto coglione.
14.02.202521:53
Le dichiarazioni di Mattarella, che ha paragonato alla Germania nazista la Russia , un paese che dalla Germania nazista è stato invaso pagandone un prezzo enorme in termini di vite umane e risorse materiali distrutte, sono incomprensibili. Il fatto che provengano dal presidente di un paese che a questa aggressione ha sciaguratamente partecipato con un corpo di spedizione di duecentomila uomini, le rende ancora più assurde. Stupisce che un politico di lungo corso e solitamente controllato si abbandoni a esternazioni tanto scriteriate. Evidentemente tra le elite politiche dell' Europa si sta diffondendo il panico. Dopo essersi legate mani e piedi al gruppo Dem, si trovano spiazzate di fronte al repentino cambiamento di linea del padrone americano . Esse così puntano, in modo irresponsabile, al proseguimento di una guerra assurda che avrebbero dovuto fare di tutto per evitare.
31.01.202517:08
Il mito che su Israele gravi una terribile minaccia esistenziale, dovuta al fatto di essere un piccolo paese di sei milioni di abitanti circondato da mezzo miliardo di arabi ostili è, per l'appunto, un mito e non ha alcun rapporto con la realtà.
Israele ha combattuto una sola guerra dall'esito incerto, quella del 1948. In tutte le altre la sua superiorità nei confronti degli avversari, fossero essi gli eserciti regolari delle nazioni vicine o organizzazioni considerate terroristiche, era schiacciante.
Nel 1956 l'esercito israeliano conquistò il Sinai in una settimana.
Nel 1967 , quando venne fatto credere all'opinione pubblica internazionale che Nasser stava preparando un nuovo genocidio, Israele mise fuori combattimento le forze armate di Egitto, Siria e Giordania in sei giorni.
Nel 1973 l'Egitto riuscì a sorprendere le difese israeliane con un attacco a sorpresa, ma nel giro di due settimane la situazione si era ribaltata e solo un accordo tra le grandi potenze mise fine al conflitto con un virtuale pareggio.
Dopo di allora, quando gli avversari di Israele sono diventati dei movimenti politici ostili (OLP, Hamas, Hezbollah e chi più ne ha più ne metta), questa già enorme sproporzione di forze si è ulteriormente accresciuta. Oggi solo l'Iran avrebbe, in prospettiva, la forza di rivaleggiare con Israele su un piano di parità e non a caso si sta facendo di tutto per impedire il decollo economico di questo paese.
La realtà è che Israele non ha nulla da temere dai paesi vicini mentre i paesi vicini hanno tutto da temere da Israele.
Questo dato di fatto, che prescinde da ogni valutazione sulle ragioni ed i torti, è evidente a chi non si faccia velare gli occhi dalla propaganda.
Israele ha combattuto una sola guerra dall'esito incerto, quella del 1948. In tutte le altre la sua superiorità nei confronti degli avversari, fossero essi gli eserciti regolari delle nazioni vicine o organizzazioni considerate terroristiche, era schiacciante.
Nel 1956 l'esercito israeliano conquistò il Sinai in una settimana.
Nel 1967 , quando venne fatto credere all'opinione pubblica internazionale che Nasser stava preparando un nuovo genocidio, Israele mise fuori combattimento le forze armate di Egitto, Siria e Giordania in sei giorni.
Nel 1973 l'Egitto riuscì a sorprendere le difese israeliane con un attacco a sorpresa, ma nel giro di due settimane la situazione si era ribaltata e solo un accordo tra le grandi potenze mise fine al conflitto con un virtuale pareggio.
Dopo di allora, quando gli avversari di Israele sono diventati dei movimenti politici ostili (OLP, Hamas, Hezbollah e chi più ne ha più ne metta), questa già enorme sproporzione di forze si è ulteriormente accresciuta. Oggi solo l'Iran avrebbe, in prospettiva, la forza di rivaleggiare con Israele su un piano di parità e non a caso si sta facendo di tutto per impedire il decollo economico di questo paese.
La realtà è che Israele non ha nulla da temere dai paesi vicini mentre i paesi vicini hanno tutto da temere da Israele.
Questo dato di fatto, che prescinde da ogni valutazione sulle ragioni ed i torti, è evidente a chi non si faccia velare gli occhi dalla propaganda.
31.01.202506:50
LA CONDANNA DI GIORGIO BIANCHI
La condanna di Giorgio Bianchi per la presunta diffamazione nei confronti di Luigi Di Maio ha dell'incredibile. Un cittadino ha il diritto di pensare che un ministro sia un miserabile e un imbecille. Ha il diritto, fino a prova contraria, di pensarlo e di dirlo. Lo avrebbe, per assurdo, anche se il ministro in questione non lo fosse. Figuriamoci se invece lo è.
Sentenze di questo tipo dimostrano che la magistratura è parte integrante dello sfacelo del paese.
La condanna di Giorgio Bianchi per la presunta diffamazione nei confronti di Luigi Di Maio ha dell'incredibile. Un cittadino ha il diritto di pensare che un ministro sia un miserabile e un imbecille. Ha il diritto, fino a prova contraria, di pensarlo e di dirlo. Lo avrebbe, per assurdo, anche se il ministro in questione non lo fosse. Figuriamoci se invece lo è.
Sentenze di questo tipo dimostrano che la magistratura è parte integrante dello sfacelo del paese.
07.02.202505:53
Secondo Hegel la lettura mattutina del giornale era la preghiera laica dell'uomo moderno , attraverso cui esso si situava nel tempo storico. Oggi le cose non stanno più così. La lettura dei giornali permette al massimo di situarsi nella coltre di bugie, mistificazioni e pettegolezzi attraverso cui le oligarchie dominanti puntellano il loro corrottissimo potere.
Nondimeno, capita a volte di trovare sulla stampa dei passi involontariamente illuminanti. Questa mattina, per esempio, nella pagina on line del Corriere della sera campeggiavano due titoli che ci danno l'esatta misura di cosa sia oggi l'Occidente.
Li riporto alla lettera.
1) VIA I PALASTINESI DA GAZA. SARA' LA RIVIERA DEL MEDIO ORIENTE
(in un primo momento c'era anche la chiosa: IL TRASFERIMENTO SARA' PERMANENTE, ma poi è stata cancellata)
2) RICCHEZZE MINERARIE IN CAMBIO DI AIUTI. IL NUOVO ORO DI KIEV FA GOLA ALL'OCCIDENTE
Ecco , dalla viva voce del primo quotidiano italiano veniamo a sapere due cose.
La prima è che il tabù della pulizia etnica è stato definitivamente infranto. Cacciare tre milioni di persone dal luogo in cui sono nate e cresciute , per lasciar spazio a case da gioco e slot machine ( i cui proventi verranno oltretutto goduti da altri) non solo è possibile, ma è lecito e in fondo giusto.
La seconda è che il saccheggio delle risorse naturali di un paese il cui popolo è stato spinto a intraprendere una guerra fratricida, assurda e persa in partenza, è parimenti legittimo.
Sia ben chiaro. Io ho sempre considerato i valori di cui si fa forte l'Occidente (diritti, libertà, democrazia ecc) delle pure parole senza alcun rapporto con la realtà. Di fronte a una tale esibizione di cinismo devo però ammettere di essere rimasto sconfortato. Non possiamo farci nessuna illusione. Da classi dirigenti come quelle che ci sono capitate in sorte dobbiamo aspettarci di tutto. Anche l'inimmaginabile.
Nondimeno, capita a volte di trovare sulla stampa dei passi involontariamente illuminanti. Questa mattina, per esempio, nella pagina on line del Corriere della sera campeggiavano due titoli che ci danno l'esatta misura di cosa sia oggi l'Occidente.
Li riporto alla lettera.
1) VIA I PALASTINESI DA GAZA. SARA' LA RIVIERA DEL MEDIO ORIENTE
(in un primo momento c'era anche la chiosa: IL TRASFERIMENTO SARA' PERMANENTE, ma poi è stata cancellata)
2) RICCHEZZE MINERARIE IN CAMBIO DI AIUTI. IL NUOVO ORO DI KIEV FA GOLA ALL'OCCIDENTE
Ecco , dalla viva voce del primo quotidiano italiano veniamo a sapere due cose.
La prima è che il tabù della pulizia etnica è stato definitivamente infranto. Cacciare tre milioni di persone dal luogo in cui sono nate e cresciute , per lasciar spazio a case da gioco e slot machine ( i cui proventi verranno oltretutto goduti da altri) non solo è possibile, ma è lecito e in fondo giusto.
La seconda è che il saccheggio delle risorse naturali di un paese il cui popolo è stato spinto a intraprendere una guerra fratricida, assurda e persa in partenza, è parimenti legittimo.
Sia ben chiaro. Io ho sempre considerato i valori di cui si fa forte l'Occidente (diritti, libertà, democrazia ecc) delle pure parole senza alcun rapporto con la realtà. Di fronte a una tale esibizione di cinismo devo però ammettere di essere rimasto sconfortato. Non possiamo farci nessuna illusione. Da classi dirigenti come quelle che ci sono capitate in sorte dobbiamo aspettarci di tutto. Anche l'inimmaginabile.
31.01.202522:28
LUIGI DI MAIO
Riguardo alla causa intentata da Luigi Di Maio a Giorgio Bianchi, colpevole di aver usato nei suoi confronti l'epiteto di imbecille, peraltro nel contesto di una precisa e motivata critica politica, c'è un aspetto che merita di essere sottolineato. Di Maio è stato il numero due di un partito nato dal vaffanculo generalizzato del suo leader e cresciuto grazie alle invettive, agli insulti, allo storpiamento denigratorio dei nomi , ai linciaggi mediatici nei confronti di tutti gli avversari politici del momento, fossero essi esponenti di altri partiti o dissidenti interni.
Il fatto che il Di Maio si dimostri ora così insofferente alle critiche dà la misura della coerenza e del valore dell'uomo.
Riguardo alla causa intentata da Luigi Di Maio a Giorgio Bianchi, colpevole di aver usato nei suoi confronti l'epiteto di imbecille, peraltro nel contesto di una precisa e motivata critica politica, c'è un aspetto che merita di essere sottolineato. Di Maio è stato il numero due di un partito nato dal vaffanculo generalizzato del suo leader e cresciuto grazie alle invettive, agli insulti, allo storpiamento denigratorio dei nomi , ai linciaggi mediatici nei confronti di tutti gli avversari politici del momento, fossero essi esponenti di altri partiti o dissidenti interni.
Il fatto che il Di Maio si dimostri ora così insofferente alle critiche dà la misura della coerenza e del valore dell'uomo.
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