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Carmen Tortora
02.05.202517:59
Dal “Net Zero” al Net Schiavo – La tecnodittatura secondo Tony Blair
Nel 2007, mentre lasciava Downing Street, Tony Blair buttò lì una frase all’apparenza innocua: “Non preoccuparti del clima: la tecnologia risolverà il problema”.
Sembrava un congedo ottimistico da premier in uscita. Oggi, a distanza di quasi vent’anni, capiamo cosa intendeva davvero. E non c’è proprio nulla da ridere.

Il 29 aprile 2025, il Tony Blair Institute ha pubblicato un documento dal titolo “The Climate Paradox”, una diagnosi (fintamente) critica delle politiche Net Zero. Ma chi pensava a una svolta onesta, si sbaglia. Il vero contenuto è un manifesto tecnocratico, la proposta di un sistema globale di sorveglianza, gestito da intelligenze artificiali, scienziati e banchieri, senza nemmeno una parvenza di consenso democratico.

Blair non vuole mollare l’agenda climatica. Vuole sostituire i sacrifici collettivi con l’automazione totale. Addio summit come la COP: si passa al comando diretto di “coalizioni” guidate da chi non risponde a nessun elettore. Il nuovo mantra è: lascia fare agli algoritmi.

Nel documento si parla apertamente di:

gestione energetica tramite IA,

espansione della cattura del carbonio per costruire nuovi mercati di scambio (cioè speculazione),

eliminazione del ruolo delle nazioni sovrane,

centralizzazione totale della finanza “green”.


E naturalmente, nessun riferimento a libertà, privacy, o consenso.
L’unica cosa che manca davvero in questa “soluzione climatica” sono proprio le persone.

Anche se il termine “identità digitale” non compare esplicitamente, il sistema immaginato non può funzionare senza di essa. È la solita storia: per monitorare i tuoi consumi, il tuo impatto ambientale, la tua conformità al profilo "sostenibile", serve tracciarti, schedarti e condizionarti. Non puoi accedere all’energia, al denaro, ai trasporti, se il tuo profilo non è in regola.

Non è politica climatica. È ingegneria sociale in salsa tecnocratica.

E come se non bastasse, il giorno prima dell’uscita del rapporto, la Spagna e il Portogallo sono finiti al buio per un gigantesco blackout legato – ironia della sorte – alla fragilità di una rete elettrica troppo dipendente da sole e vento.
Ecco servito l’alibi perfetto:Avete visto? Il vecchio sistema non regge. Ora fidatevi del nostro”.

Un caso? Difficile crederlo.
Sembra piuttosto una coreografia da manuale, il preludio all’ennesimo passaggio di consegne: dai governi ai sistemi automatici, dalla politica alla macchina.

Nel frattempo, anche in Canada, il nuovo premier Mark Carney (ex Goldman Sachs, ex Banca d’Inghilterra, uomo WEF) lo dice chiaramente:

“Le aziende che rallentano il Net Zero verranno punite”.

Tradotto: la realtà deve piegarsi al dogma, a qualsiasi costo. Se non funziona, colpa tua. Se protesti, sei un nemico. È il liberal-progressismo applicato con metodo clinico: coercizione verde con un volto gentile.

Ma il volto non è più tanto gentile. Ha i tratti duri dell’intelligenza artificiale, delle agenzie sovranazionali, dei miliardari filantropi e dei burocrati dell’algoritmo. Nessuno ha votato per questo mondo. Eppure ci stanno entrando tutti, con il sorriso spento e la bolletta in mano.

Il green non è più verde. È grigio piombo. Ed è programmato per obbedire.

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02.05.202508:03
Geoingegneria alla sbarra: la Florida (finalmente) mette il bavaglio ai burattinai del cielo

Il 30 aprile 2025 segna un raro momento di lucidità legislativa: la Florida approva (SB 56 al Senato, HB 477 alla Camera) due provvedimenti che buttano nel cestino anni di fumo legale sulla manipolazione climatica. Addio a licenze, scartoffie e scuse burocratiche: chi spruzza sostanze chimiche nel cielo per “raffreddare il pianeta” o “salvare il clima” potrà ora beccarsi una multa da 100.000 dollari. E finalmente qualcuno alza il telefono per dire al Dipartimento della Salute e alla Protezione Civile: “Guardate che ci stanno irrorando”.

Fine dei giochi per chi ha giocato a fare Dio con l’atmosfera: il disegno di legge cancella ogni autorizzazione allo studio o alla sperimentazione di tecniche per modificare il clima. Niente più brevetti travestiti da ricerca, niente più aerosol “ufficiali”. D’ora in avanti, ogni attività sospetta potrà essere segnalata direttamente online dai cittadini.

Una vittoria per il buon senso, una sconfitta per chi ha trasformato il cielo in un laboratorio a cielo aperto. E ora la palla passa al Governatore. Vedremo se firmerà... o se preferirà guardare le scie.

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28.04.202517:59
Moderna: dal vaccino miracoloso alla fiera del peluche

Altro che scienza e integrità: Moderna, il "paladino" dei vaccini Covid, è stato beccato ancora una volta a calpestare ogni regola pur di gonfiare i propri profitti.
Secondo la Prescription Medicines Code of Practice Authority (PMCPA), l'azienda ha offerto 1.500 sterline e orsacchiotti a bambini per convincerli a partecipare ai test sui vaccini, in piena violazione delle norme britanniche che vietano incentivi finanziari ai minori.

Non contenti della scorrettezza, i vertici di Moderna hanno mentito ai regolatori, fingendo di aver appreso solo nel gennaio 2024 delle offerte scandalose, mentre erano stati avvisati già nell'agosto 2023 da UsForThem.
La PMCPA ha definito il comportamento "completamente inaccettabile" e un danno enorme alla credibilità dell'intero settore farmaceutico.

Come se non bastasse, un dirigente di Moderna ha anche co-firmato articoli promozionali (uno con l'ex ministro dei vaccini Nadhim Zahawi) e twittato pubblicità camuffata senza rivelare i suoi conflitti d’interesse. Ma il problema non si ferma lì: l'intero governo britannico del periodo pandemico, sotto il primo ministro Rishi Sunak, mostrava un legame piuttosto "accogliente" con Big Pharma, Moderna inclusa. Sunak stesso, prima di entrare in politica, era socio di un hedge fund che deteneva interessi in aziende farmaceutiche, e la gestione delle commesse vaccinali in UK durante il suo mandato di cancelliere delle finanze ha spesso favorito società come Moderna.

Un campionario di arroganza che ora rischia di costare a Moderna l'espulsione dall'Associazione dell’Industria Farmaceutica Britannica (ABPI) — un evento troppo raro, accaduto solo nove volte in quarant’anni.

E non pensiamo che sia un'eccezione: l'intero settore farmaceutico è costellato da pratiche simili, come dimostra la recente sospensione di Novo Nordisk e i numerosi scandali che, da decenni, vedono protagoniste le grandi case farmaceutiche, abilissime nell'alternare "incidenti milionari" a campagne di lobbying sfrenato, protette da sanzioni ridicole rispetto ai loro guadagni.

Peccato che, come fa notare Esther McVey, le multe sono briciole rispetto ai quasi 7 miliardi di sterline incassati nel 2023: finché il "villaggio globale" premia chi bara, aspettarsi etica da Big Pharma è come aspettare onestà da un truffatore.

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28.04.202508:06
Londra affonda, le PMI scappano: imprenditori in fuga dalla gabbia fiscale britannica

In Gran Bretagna, il “clima favorevole al business” è ormai solo un ricordo da museo. Secondo City AM, il 40% dei piccoli e medi imprenditori ha già fatto le valigie o sta per farlo: una fuga degna di un esodo biblico, ma causata da tasse esorbitanti, costi fuori controllo e burocrazia asfissiante.

Il sondaggio di Handelsbanken parla chiaro: chi può, se ne va. Spagna, USA, Francia e persino Dubai risultano più accoglienti del Regno Unito, ormai trasformato in una trappola fiscale. Il colpo di grazia arriva con l’aumento del salario minimo e l’ennesima stretta sui diritti del lavoro, che stanno spingendo un terzo delle PMI a tagliare il personale, mentre solo una su dieci osa ancora pensare a nuove assunzioni.

Nel frattempo, il governo gioca con la calcolatrice: l’Office for Budget Responsibility prevede un carico fiscale da record al 38,3% entro il 2027, giusto per strozzare gli ultimi che restano.

Dopo i “non-dom” che hanno perso i privilegi fiscali e se ne sono andati in silenzio portandosi dietro miliardi, ora è il turno delle PMI. Londra perde imprenditori a ritmo costante – secondo Henley & Partners, solo Mosca ha fatto peggio in 12 anni.

Lo “Spring Statement” della cancelliera Rachel Reeves? Un soffio di vento tiepido nel deserto. Le aziende, deluse e inascoltate, fanno l’unica cosa logica: votano con i piedi.

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27.04.202515:05
Bilderberg 2025: il club dei burattinai torna a riunirsi (stavolta in Svezia)

Sorpresa! Il Gruppo Bilderberg, l’élite che per anni è esistita solo nei “complotti” (finché non è diventato impossibile negarne l’esistenza), dovrebbe riunirsi anche quest’anno, probabilmente a Stoccolma, a metà giugno, presso il lussuoso Grand Hôtel – di proprietà, guarda caso, della famiglia Wallenberg.

Ovviamente, come da manuale, data e lista ufficiale dei partecipanti restano segreti, ma alcune indiscrezioni filtrano, e i nomi non deludono. Si parla di Jens Stoltenberg, ex capo NATO e ora co-presidente del gruppo; Peter Thiel e Alex Karp, fondatori di Palantir; Eric Schmidt, ex Google, oggi guru della tecnosorveglianza; Albert Bourla, CEO di Pfizer, e Mark Rutte, da primo ministro olandese a nuovo segretario NATO. Tutti ben assortiti per discutere “il futuro del mondo” dietro porte blindate.

In Svezia il Bilderberg è di casa: ci ha già fatto tappa quattro volte, e a fare da anfitrioni sono sempre loro: i Wallenberg, la dinastia che controlla una fetta consistente dell’economia svedese e che da decenni manda i propri membri – Marcus Wallenberg e lo zio Peter Wallenberg – nel comitato direttivo del gruppo. Attraverso la holding Investor AB, i Wallenberg detengono quote in colossi come Ericsson, Saab, ABB e AstraZeneca. Tradotto: sono la mano invisibile che tiene in piedi mezzo establishment nordico, e non solo.

La comitiva è il solito club selezionato di banchieri, CEO, generali NATO, capi di governo e padroni del digitale, tutti stretti attorno alla sacra Regola di Chatham House: “Parla pure, basta che non dici chi ha detto cosa”. Un format perfetto per sfornare decisioni globali senza doverle rendere pubbliche. La trasparenza, si sa, è roba da plebei.

Nel frattempo, i media mainstream – per decenni ligi al mantra “non esiste” – si sono arresi all’evidenza solo quando YouTube e siti indipendenti hanno iniziato a mostrare nomi, luoghi e facce. Oggi è tutto confermato, ma nessuno osa ancora chiedere: “Cosa decidono davvero lì dentro?”

Da “teoria del complotto” a riunione annuale delle élite planetarie, il Bilderberg è il promemoria vivente che i veri vertici del potere si tengono lontano dalle urne, e ben chiusi dietro porte blindate.

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La Groenlandia è l'isola più grande del pianeta e si estende per oltre due milioni di chilometri quadrati, ma nonostante le sue dimensioni imponenti, è abitata da appena 55 mila persone. La ragione principale è che circa l'80% del suo territorio è ricoperto da una coltre di ghiaccio perenne, che rende inabitabili gran parte delle sue terre. Colonizzata da vichinghi islandesi nel X secolo, la Groenlandia è oggi un territorio autonomo del Regno di Danimarca. Le popolazioni locali, prevalentemente inuit, hanno sviluppato una cultura profondamente legata all’ambiente artico e alle sue sfide estreme. Oggi la Groenlandia è al centro dell’attenzione internazionale anche per via dei cambiamenti climatici e delle risorse naturali che custodisce sotto i suoi ghiacci millenari.

Buongiorno e buona domenica a tutti!

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02.05.202515:59
Non è politica. È un colpo di Stato travestito da transizione green.

Quello che accade oggi nell’Unione Europea – e in tutto l’Occidente cosiddetto "democratico" – non ha nulla a che vedere con la politica, né con riforme legittime. È una vera e propria acquisizione ostile messa in atto da élites globali non elette, che usano schemi distruttivi mascherati da nobili intenti (inclusione, clima, diritti, resilienza) per smantellare ogni residuo di società libera e sovrana.

Ti sembra troppo folle per essere reale? Forse perché non era follia, ma una sceneggiatura scritta nei minimi dettagli. Ogni azione è una mossa calcolata in un gioco truccato, progettato per provocare il crollo psicologico, economico e civile delle società. Non è incompetenza: è un piano.

Benvenuti nella strategia Cloward-Piven 2.0:

Una strategia che prende il nome da due sociologi radicali della Columbia University, Richard Cloward e Frances Fox Piven, legati all’Institute for Policy Studies e sostenuti da ambienti progressisti filo-marxisti, con l'appoggio finanziario indiretto di fondazioni come la Ford Foundation. Nel 1966, pubblicarono sulla rivista The Nation un articolo intitolato “The Weight of the Poor”, in cui proposero di sovraccaricare il sistema di welfare statunitense fino al collasso, per forzare il governo ad adottare un reddito universale garantito.

Un'idea non nuova:
rivendicazioni simili erano già presenti nel Partito del Credito Sociale canadese, a cui aderì Joshua Haldeman, nonno materno di Elon Musk, promotore del cosiddetto “dividendo sociale” – un’antenata del reddito di base. Lo stesso Musk, decenni dopo, ha più volte dichiarato pubblicamente il proprio sostegno al reddito universale, soprattutto in risposta all’automazione tecnologica.

Il metodo era chiaro: indurre una crisi sociale controllata per giustificare un’espansione autoritaria del potere statale, sotto la maschera dell’uguaglianza e della giustizia. Quello che vediamo oggi è la sua versione globale e digitalizzata.

Fase uno: distribuire denaro a pioggia (CERB, sussidi, bonus), indebitare lo Stato fino al collasso e rendere le masse dipendenti.

Fase due: affamare la popolazione con il pretesto del clima – energia più cara, inflazione alle stelle, tassazione carbonica come cappio fiscale.

Fase tre: smantellare la polizia e lasciare le strade in mano a criminali, mentre nel frattempo si spinge per il controllo biometrico e digitale totale.

Fase quattro: addestrare le nuove generazioni a credere che schiavitù e sorveglianza siano progresso.

Fase cinque: distruggere la proprietà privata con regolamenti e trappole fiscali che rendono impossibile possedere o vendere casa.

Fase sei: fomentare divisioni isteriche su genere, razza e identità per tenere tutti in guerra tra loro, mentre il bottino vero viene rubato.

Fase sette: spazzare via la famiglia, la fede, l’autonomia educativa, sostituendole con uno Stato che decide anche come devi pensarti sessualmente.

Fase otto: introdurre il denaro programmabile e sigillare la gabbia digitale, dove ogni spesa sarà tracciata e ogni dissenso finanziariamente annullato.

Chi guida questo incubo?


Uno dei protagonisti è Mark Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra e del Canada, oggi facchino del WEF e architetto della servitù globale. Non è stato eletto da nessuno, ma comanda come se lo fosse. Ed è solo la punta dell’iceberg.

Tutto questo non è teoria. È la trasformazione sistematica della società in un gigantesco campo di sorveglianza, obbedienza e fame controllata, attuata passo dopo passo con precisione chirurgica. E se ti sembra assurdo, è perché lo è: lo è come ogni trappola costruita per sembrare innocua fino all’ultimo momento.

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02.05.202504:59
La Merkel non muore mai: SPD al guinzaglio della CDU, mentre la Germania affonda e l’Italia cresce a sua insaputa

Alla fine la SPD ha detto sì, ancora una volta, piegandosi docilmente alla “Grosse Koalition” con la CDU/CSU. Poco importa che la base giovanile (i Jusos) e la sinistra del partito abbiano urlato al tradimento: l’84,6% degli iscritti ha benedetto l’accordo con Merz, spalancando le porte a un nuovo governo fotocopia che puzza di vecchio, compromesso e stagnazione.

Sì, perché la SPD governa ininterrottamente da 25 anni — una continuità da regime dell’Est, non certo da democrazia occidentale. E con questa nuova infornata di ministri, vicecancellieri e poltrone, rischia pure di arrivare a quota 30. Il tutto mentre la disoccupazione tedesca resta inchiodata al 6,3% e l'economia dà segni evidenti di stanchezza, con la crescita annua negativa e un primo trimestre 2025 che sa di marcia sul posto.

Klingbeil, il nuovo vicecancelliere, prende pure il Ministero delle Finanze, giusto per far finta che la SPD “abbia imposto il proprio programma”. Ma chi ci crede più? Merz, che ha rifiutato un’alleanza (matematicamente comoda) con l’AfD, regala alla SPD la riverniciata socialclimatica, mentre il consenso degli “sovranisti” sale alle stelle: opposizione garantita e pure legittimata.

E mentre Berlino si crogiola nella propria autocelebrazione istituzionale, l’Italia — che fino a ieri era lo zimbello economico d’Europa — sorprende. Poco, ma abbastanza per far arrossire i vicini del nord. Il PIL del primo trimestre 2025 segna un +0,3%, e su base annua un +0,6%. Non è da stappare champagne, ma è comunque meglio della Germania che arranca con un misero +0,2% trimestrale e addirittura un -0,2% annuo. Berlino, impantanata in una crisi che finge di non vedere, si aggrappa ancora una volta all’illusione della stabilità tramite “grosse koalitioni”, mentre Roma — pur tra mille zavorre UE — riesce a tirare avanti. Segno che, forse, l’irrilevanza politica ha almeno lasciato un po’ di spazio all’economia reale.

Intanto, in un altro angolo del mondo, la Cina è a un passo dal restare letteralmente senza rame. Dopo aver accumulato l’84% delle scorte mondiali, ora rischia di azzerarle nel giro di poche settimane. A far saltare i piani è l’assalto statunitense alle forniture globali, alimentato dai dazi in arrivo firmati Trump. Gli USA si stanno portando a casa tutto il rame disponibile prima che scattino le tariffe, in diretta concorrenza con Pechino. Il risultato? Shock da scarsità globale, premi alle stelle sul mercato di Shanghai, e una corsa disperata al materiale fisico — con tanto di rischio short squeeze sul Comex americano. È l’ennesima guerra commerciale, ma stavolta è fatta di tonnellate di rame, non di tweet.

E proprio mentre le tensioni sulle materie prime si fanno incandescenti, Trump affila la penna per firmare l'accordo minerario con l'Ucraina. Dopo mesi di trattative, Kiev concede agli USA un accesso privilegiato alle sue preziose terre rare — ufficialmente “per ricostruire”, ma in realtà per trasformare gli aiuti militari passati in dividendi futuri. Niente obbligo di rimborso, ma un bel fondo congiunto dove Washington può “investire” i prossimi aiuti. Così Trump potrà raccontare al suo elettorato che l’Ucraina non è solo una causa persa ma anche una miniera d’oro, o meglio, di tantalio. Nessuna garanzia di sicurezza, nessuna tregua in vista, ma tanto basta per dire che l’America — anche stavolta — ci guadagna qualcosa. Una geopolitica da ipoteca, dove la pace si compra a rate... e con i minerali strategici.

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28.04.202513:05
Reiner Fuellmich condannato dal Quarto Reich: il dissenso finisce in isolamento

Dopo 18 mesi di carcere preventivo – metà dei quali trascorsi in isolamento totale in un carcere di massima sicurezza – l’avvocato Reiner Fuellmich viene finalmente condannato. Non per reati gravi, ma per un’accusa che definire ridicola è un complimento: avrebbe rubato soldi… a sé stesso.

Sì, avete letto bene. Un’accusa talmente grottesca da sembrare una barzelletta. Ma a quanto pare, nella Germania del 2025 – sempre più simile a un Quarto Reich legalizzato – questo basta per incatenare un uomo per un anno e mezzo, sottoporlo a torture psicologiche sistematiche, negargli ogni diritto e isolarlo come se fosse un terrorista.

Il massimo della custodia preventiva in Germania è sei mesi, ma quando si tratta di epurare un personaggio scomodo, le regole si piegano come burro. Fuellmich, noto per aver indagato su abusi istituzionali legati alla gestione pandemica, è stato processato da un giudice nominato ad hoc, in un tribunale che sembrava più un plotone d’esecuzione legale.

E ora, come beffa finale, dei 3 anni e 9 mesi di condanna, solo 13 mesi gli vengono “abbonati” per i 18 già scontati, mentre gli altri 5 mesi se li trattengono accusando i suoi avvocati difensori di aver fatto perdere tempo. Orwell, nel frattempo, applaude dalla tomba.

Il messaggio è chiaro: chi si oppone al sistema, va schiacciato. Chi parla, va isolato. Chi difende la libertà, va annientato. E se tutto questo vi sembra familiare, è perché lo è: Siamo ufficialmente entrati nel Quarto Reich. Ma stavolta niente svastiche: solo giacche blu, toga nera e la benedizione della democrazia formale.

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28.04.202505:01
Dal Villaggio Globale alla Gabbia Globale: come il sogno di McLuhan è diventato il nostro incubo

Quando Marshall McLuhan nel 1962 parlava di "villaggio globale" nel suo libro The Gutenberg Galaxy, intendeva descrivere l'effetto dei media elettronici nel ridurre le distanze tra le persone, trasformando il mondo in una sorta di piccola comunità interconnessa. All'epoca sembrava una profezia affascinante. Oggi, a sessant'anni di distanza, possiamo dire con certezza che il "villaggio" è nato — ma è circondato da reti, sensori, satelliti e controllori. Non è più un villaggio: è una gabbia a cielo aperto.

Il controllo planetario che McLuhan intravedeva nei media elettronici ha preso corpo grazie a una infrastruttura digitale globale, sorvegliata dall'alto da satelliti come quelli del progetto Starlink di Elon Musk, e le costellazioni governative e militari di Stati Uniti, Cina, Europa. Secondo l'ONU (United Nations Office for Outer Space Affairs, UNOOSA), al 2024 ci sono più di 11.000 satelliti operativi sopra di noi, in crescita esponenziale, molti dei quali adibiti a raccolta dati, telecomunicazioni e monitoraggio ambientale e umano.

Ma non sono solo i satelliti: reti 5G, intelligenza artificiale (IA) e blockchain servono a creare quella che al World Economic Forum (WEF) di Klaus Schwab viene descritta come la Quarta Rivoluzione Industriale — un mondo dove, testualmente, "il digitale si fonde con il fisico e il biologico" (The Fourth Industrial Revolution, Schwab, 2016).

Dietro le parole patinate di "sostenibilità" e "inclusione" si costruisce una rete di sorveglianza globale:

ID digitale: promosso da iniziative come ID2020, con sostenitori tra cui Microsoft, GAVI, Rockefeller Foundation.

Sorveglianza ambientale: tracciamento delle emissioni individuali di CO₂ come auspicato al WEF 2022 da J. Michael Evans (Mastercard), per "crediti di carbonio personali".

Sorveglianza sanitaria: certificati sanitari digitali, annunciati dall'OMS nel 2023 come parte di una futura architettura globale di salute.

Sorveglianza finanziaria: spinta verso le CBDC (valute digitali delle banche centrali), con tracciabilità assoluta dei pagamenti, come già sperimentato dalla Banca Centrale Cinese.

Non si tratta di teoria, ma di documenti ufficiali, disponibili pubblicamente. Basta avere il coraggio di leggerli.

Il villaggio globale di McLuhan doveva unire l'umanità in un flusso di comunicazione continuo; oggi, invece, siamo immersi in un sistema di controllo biometrico e comportamentale globale, dove ogni nostra azione è monitorata, profilata e — se necessario — corretta. La connessione universale non ci ha resi liberi: ci ha resi completamente prevedibili.

Benvenuti nella nuova era: la Gabbia Globale.

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27.04.202511:01
Eurozona in coma e Germania in fuga: benvenuti nella grande illusione europea

La UE e l’euro sono ormai il monumento alla decadenza economica: lo certificano anche i dati ufficiali. Il PMI dell’Eurozona crolla a 50,1, con un settore dei servizi in caduta libera e un manifatturiero agonizzante. Le imprese segnalano "stabilità" solo perché non hanno più ordini da evadere e ormai nemmeno il coraggio di sperare. Il lavoro ristagna, la fiducia è sotto terra, i prezzi salgono a vuoto: una palude perfetta.

La Germania, ex locomotiva, si conferma alla guida del disastro: PMI sotto 50, settore privato che collassa, servizi in contrazione, manifattura che arranca. La fiducia degli imprenditori? Peggiore di quella che si respira su una nave che affonda.

Il problema non sono solo i dazi USA. Il vero dramma è che l'Eurozona è incapace di difendersi: ingessata da regolamenti suicidi, controllata da élite che odiano il lavoro produttivo, asservita a ideologie green e woke che hanno strangolato qualsiasi vitalità economica. E con una Germania governata da CDU inginocchiata a socialisti e verdi, ogni speranza di rilancio è pura illusione. Se Berlino si ferma, tutta l'Europa resta a terra. Fine della storia.

Il settore auto europeo? Un cimitero. Le immatricolazioni crollano mese dopo mese: Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, tutti giù. Solo qualche lampo finto nel settore delle auto elettriche, trainato da incentivi statali (a proposito di "libero" mercato): basta tagliarli e la bolla si sgonfia in un attimo. I consumatori? Non comprano perché non hanno soldi o non vogliono buttarsi su prodotti costosi e poco affidabili.

Intanto Volkswagen — simbolo della "grande industria tedesca" — presenta i suoi nuovi modelli... in Cina! Investimenti miliardari, decine di nuovi modelli elettrici pensati per il mercato cinese, mentre in patria chiude stabilimenti e licenzia lavoratori.Una multinazionale ormai "tedesca" solo di nome, pronta a vendere il suo futuro a Pechino pur di sopravvivere.

La realtà è brutale: l'Europa è vecchia, povera, illusa e con una leadership corrotta. E mentre la Cina corre, noi continuiamo a raccontarci favole su riprese che non arrivano mai.
La Cina ci svuoterà pezzo dopo pezzo. E l'UE, guidata da Von der Leyen e benedetta dagli Stati Uniti, ci spingerà esattamente lì. Klaus Schwab ce lo aveva anticipato: la Cina sarà il modello di riferimento. Missione compiuta.

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26.04.202518:05
Digitalizzazione verde, cervello spento

Ci avevano detto che dovevamo rendere tutto “intelligente”: città, case, semafori, frigoriferi. Tutto all’insegna del risparmio energetico, per salvare il pianeta. Ma ora, improvvisamente, siamo i cattivi perché stiamo giocando con ChatGPT. Siamo noi a far collassare la rete elettrica globale, mica la folle corsa alla digitalizzazione totale.

Il cervello umano, con i suoi pochi watt e le sue sinapsi in modalità risparmio, non compete con gli eserciti di data center che divorano energia peggio di una centrale a carbone sotto steroidi. I nostri neuroni non emettono CO₂, ma evidentemente non bastano più: meglio demandare tutto all’IA, anche pensare. Poi però ci sorprendiamo se la bolletta globale sale come un razzo SpaceX.

Nel 2024 i data center hanno già bruciato 415 TWh. Entro il 2030, secondo l’AIE, saranno quasi 1000 TWh. Gli Stati Uniti e la Cina si spartiranno l’80% di questa torta energetica
, mentre l’Europa – quella che voleva fare la transizione verde – starà a guardare il contatore impazzire. In Irlanda, i data center hanno già superato i consumi delle abitazioni urbane. Eppure nessuno dice “forse dovremmo rallentare”. No, anzi: must go on.

Ci raccontano che l’efficienza migliora. Vero, il PUE scende. Ma la fame di potenza cresce più in fretta. Le IA generative consumano dieci volte più di una normale ricerca web. Un grafico qui, un addestramento lì, e boom: blackout programmato.

Intanto si sperimentano soluzioni: teleriscaldamento coi server, parchi eolici dedicati ai data center, spostamento dei calcoli nel deserto. Tutto, tranne dire l’unica cosa sensata: forse abbiamo digitalizzato troppo e pensato troppo poco.

Nel nome della sostenibilità, abbiamo costruito un mostro affamato di elettroni. Ma guai a metterlo in discussione. Il futuro è cloud, anche se piove sulle reti.

La vera energia rinnovabile sarebbe tornare a usare il cervello. Ma pare che sia fuori produzione.

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02.05.202513:29
La responsabilità genitoriale non si delega. Si vive.

Siamo arrivati al punto in cui serve dirlo con chiarezza: educare è un atto d’amore, non una firma a piè pagina.

Per anni ci hanno abituati a pensare che fosse normale affidare ad altri – scuola, esperti, istituzioni, agenzie “formative” – il compito di guidare i nostri figli nelle questioni più delicate. Ma quando a scuola entrano temi come l’identità sessuale, l’affettività, il corpo, i desideri, lì non si trasmettono nozioni: si interviene sull’intimo, sul profondo, sulla struttura di un essere umano in crescita.

E a me, personalmente, sembra incredibile che tanti genitori abbiano accettato di delegare tutto questo. Come se non li riguardasse. Come se bastasse fidarsi ciecamente di un meccanismo che, sempre più spesso, non informa, non spiega, non chiede nemmeno.

Per questo, ben venga il consenso informato. Non è burocrazia. È un segnale di rispetto, un limite tracciato, una chiamata alla responsabilità.

Vuoi proporre un progetto su educazione sessuale, affettiva o identità di genere? Allora chiedi. E aspetta. Il genitore ha l’ultima parola. E magari, proprio perché viene interpellato, inizia finalmente a farsi delle domande: su cosa viene insegnato, su cosa davvero vuole per suo figlio, su dove stiamo andando come società.

Come accade per l’ora di religione, anche su questi temi deve esserci un’alternativa. Una via d’uscita per chi non si riconosce nella narrazione imposta. Non si può parlare di libertà, se non si riconosce la libertà di dissentire.

È tempo di riconnettersi al proprio ruolo
. Di smettere di firmare tutto per stanchezza o per abitudine. Di riappropriarsi del diritto – e del dovere – di essere le prime guide dei propri figli.

Non serve essere “contro”. Serve essere presenti. Serve amare così tanto da dire di no, quando serve.

La libertà educativa non è un favore concesso. È un diritto originario. E quando ce lo dimentichiamo, stiamo già cedendo i nostri figli a un sistema che non li ama, ma li plasma.

Ora basta delegare. È tempo di scegliere. E di esserci.

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Parte integrante della catena montuosa Qinling — la storica barriera naturale che separa la Cina settentrionale da quella meridionale — il Monte Laojun si innalza maestoso fino a 2.297 metri, dominando come vetta principale i Monti Funyu. Questa montagna, oltre al valore geografico, ha un profondo significato storico e culturale: il suo nome, “Laojun”, è un omaggio a Laozi, il leggendario fondatore del Taoismo, che secondo la tradizione avrebbe meditato proprio in questi luoghi remoti.

I Qinling hanno da sempre rappresentato una linea di demarcazione climatica, culturale e agricola: a nord, i vasti altipiani aridi; a sud, le regioni più umide e fertili. In questo contesto, il Monte Laojun ha svolto un ruolo cruciale come punto di passaggio, rifugio spirituale e, in tempi più recenti, come risorsa naturale di biodiversità e patrimonio paesaggistico.

Buongiorno e buon venerdì a tutti!
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28.04.202513:02
Blackout Europeo: Il Grande Sogno Elettrico che si Spegne come una Candela

Il 28 aprile 2025 (oggi) un blackout ha mandato nel caos Spagna, Portogallo e parte della Francia, svelando ancora una volta la straordinaria "resilienza" del grande sogno di elettrificare il mondo. Le cause ufficiali, naturalmente, "sono ancora in fase di accertamento", ma già si ipotizza un misterioso guasto nelle linee ad alta tensione della rete europea, mentre si affretta a escludere l’ipotesi di un attacco informatico — sia mai che la narrazione si complichi troppo.

In Portogallo, metropolitane, treni e semafori si spensero come alberi di Natale a gennaio, paralizzando il traffico e costringendo gli ospedali, fieri simboli della modernità elettrificata, a riaccendere i "vecchi e sporchi" generatori a gasolio per non far morire i pazienti.

In Spagna, l'aeroporto di Madrid-Barajas rimase al buio come una sala cinematografica in un horror di serie B, mentre le centrali nucleari decisero all’unisono di interrompere la produzione. Il tutto gestito, ovviamente, attraverso l'attivazione di piani di emergenza scritti probabilmente su carta riciclata in qualche summit "green".

Una scena già vista, degna del grande blackout europeo del 2006, quando un’innocente manovra su una linea elettrica tedesca mandò in tilt mezzo continente, o del blackout italiano del 2003, che spense il 95% del Paese, lasciandolo a fissare il cielo stellato, a lume di candela. Episodi che si ripetono puntualmente, mentre si continua a raccontare la favola dell'utopia elettrica senza fili, senza carbone, senza petrolio — e senza cervello.

Una scena perfettamente coerente con il brillante futuro tutto elettrico che ci stanno preparando: un mondo iperconnesso, iperdipendente e pronto a collassare al primo sbadiglio della rete. Chissà — verrebbe solo da applaudire per la genialità suicida del progetto — che non sia stata solo un'altra delle tante "esercitazioni simulate in tempo reale", come quelle organizzate negli Stati Uniti.​

Negli ultimi anni, il Dipartimento della Difesa e l'agenzia DARPA hanno messo in scena blackout simulati su Plum Island, un'isola isolata al largo di New York, per testare la resilienza della rete elettrica americana contro attacchi informatici. Queste esercitazioni, parte del programma RADICS, hanno coinvolto la Guardia Nazionale, ingegneri di grandi utility e contractor del Pentagono, con l'obiettivo di simulare scenari di attacchi cibernetici su larga scala e valutare la capacità di risposta del sistema. ​

Durante queste simulazioni, i partecipanti hanno dovuto affrontare condizioni estreme, come la necessità di ripristinare l'energia elettrica senza accesso a strumenti digitali affidabili, utilizzando generatori e strumenti di comunicazione alternativi. L'esercizio ha evidenziato la vulnerabilità delle infrastrutture critiche e la necessità di sviluppare strumenti avanzati per il rilevamento e la risposta agli attacchi informatici. ​

Altro che progresso: sembra più una gigantesca prova generale del collasso assistito.

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Il Parco Nazionale del Serengeti, in Tanzania, è una delle riserve naturali più celebri al mondo. Estendendosi per circa 15.000 km², ospita la spettacolare migrazione annuale di milioni di gnu, zebre e gazzelle, che attraversano le vaste pianure in cerca di pascoli freschi. Il Serengeti è anche patria dei "Big Five" — leone, leopardo, elefante, rinoceronte e bufalo — ed è rinomato per i suoi paesaggi infiniti, i tramonti mozzafiato e la ricchissima biodiversità. Inserito tra i patrimoni dell'umanità UNESCO, il parco rappresenta un simbolo della bellezza selvaggia e incontaminata dell'Africa.

Buongiorno e buon lunedì a tutti!

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27.04.202508:03
Bitcoin, Trump e il nuovo colpo di Tether: la grande manovra cripto parte dagli USA

Negli Stati Uniti si prepara una maxi-operazione finanziaria nel mondo delle criptovalute: Brandon Lutnick, figlio del Segretario al Commercio Howard Lutnick, guida un consorzio che comprende SoftBank, Tether e Bitfinex per creare 21 Capital, una SPAC destinata ad assorbire miliardi di dollari in bitcoin, sulla scia del modello MicroStrategy.

Il progetto prevede il conferimento di 3 miliardi di dollari in bitcoin da parte dei partner principali e nuove raccolte di capitale, con l’obiettivo di cavalcare un possibile boom cripto sotto una futura presidenza Trump.

La mossa si intreccia anche con l'evoluzione normativa: negli USA si avvicina l’approvazione del Genius Act, che imporrà regole più stringenti alle stablecoin, richiedendo garanzie solide come titoli di stato.

Anche in Italia cresce l'attenzione: il Genius Act potrebbe ridisegnare lo scenario globale delle criptovalute, portando l’uso delle stablecoin a livelli mai visti.

Cosa comporta l'acquisizione e la cessione dei Bitcoin alla SPAC?


In pratica, Tether, SoftBank e Bitfinex cedono i loro bitcoin al veicolo di investimento 21 Capital (la SPAC creata da Brandon Lutnick). In cambio, ricevono azioni della SPAC, valorizzate a un prezzo fisso (10 dollari per azione) sulla base di una valutazione del bitcoin molto superiore a quella reale di mercato (85.000 dollari a bitcoin).

Questo meccanismo ha due conseguenze principali:

Per Tether (e gli altri partner):


Cedere bitcoin significa trasformare asset volatili (come i bitcoin, il cui prezzo oscilla molto) in azioni di un'entità finanziaria regolamentata.

Permette di "ripulire" i bilanci, liberandosi di asset "rischiosi" e potenzialmente problematici in vista delle nuove regolamentazioni sulle stablecoin (come il Genius Act), che richiederanno riserve liquide e sicure (titoli di stato USA o depositi bancari).

È una mossa strategica per rendersi conformi ai futuri standard di legge e ottenere uno status "ufficiale" per operare come stablecoin riconosciuta.

Per 21 Capital (la SPAC di Lutnick):

Acquisendo bitcoin a valutazioni altissime, 21 Capital diventa una sorta di "fondo bitcoin pubblico", attirando investitori istituzionali e retail che vogliono esposizione ai bitcoin senza gestirli direttamente.

Questo permetterà al gruppo di spingere l'economia digitale USA basata su asset "tokenizzati" e creare un nuovo strumento di influenza finanziaria in un momento di transizione monetaria globale.

In sostanza:

Tether si "sgrassa" di bitcoin e si prepara a essere riconosciuta ufficialmente.

La SPAC si carica di bitcoin, trasformandoli in un prodotto finanziario da vendere e manipolare più facilmente all'interno dei mercati tradizionali.

Il governo USA (con Lutnick al Commercio) ha tutto l'interesse a favorire questa trasformazione per sostenere il dollaro e il controllo sulla nuova economia digitale.

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26.04.202517:06
Il 26 aprile 2020, mentre il mondo veniva rinchiuso nella paura e nella menzogna, Giulietto Chiesa se ne andava.
Era il tempo dell'emergenza permanente, della censura sistematica, della costruzione di una nuova normalità basata sul silenzio e sull'obbedienza.
In quel momento cruciale, si spegneva una delle voci più coraggiose, uno di quelli che non avevano mai avuto paura di alzarsi contro il pensiero unico.

Giulietto ci aveva avvertiti: "La verità è merce rara in tempi di guerra mediatica".
Aveva scelto la via più difficile, quella di chi cerca, denuncia e resiste, quando tutto intorno spinge a chiudere gli occhi.
La sua voce era un faro contro la marea della menzogna.

Oggi, mentre il buio si fa più fitto e il conformismo si veste da virtù, il suo esempio continua a risplendere tra chi rifiuta di inginocchiarsi davanti alla paura.

"La libertà comincia con un atto di disobbedienza", ricordava.
Un atto che oggi è più necessario che mai.

Giulietto Chiesa non è scomparso: vive in ogni mente che ancora osa pensare, in ogni coscienza che ancora osa dire no.Per restare sempre in contatto senza censure, seguite il mio canale Telegram: https://t.me/carmen_tortora1
02.05.202511:03
Italia 2025: droni, decreti e l'arte della sorveglianza totale

Con grande entusiasmo e senso di lungimiranza coloniale, l’Italia ha firmato un accordo da 46,6 milioni di dollari con AeroVironment per sostituire gli obsoleti droni AAI RQ-7 Shadow con i nuovi Jump 20. Per non farsi mancare nulla, ha anche allungato 738 milioni di dollari agli americani della General Atomics per sei nuovi MQ-9 Reaper. La sovranità tecnologica rimane confinata ai discorsi retorici da convegno.

Il Jump 20, campione di sorveglianza multisensoriale, promette voli di 13 ore senza bisogno di piste, raccolta dati avanzata e sorveglianza capillare. Un grande occhio fluttuante che scruta ogni angolo urbano e rurale, alimentando in tempo reale i centri di raccolta dati che l’articolo 31 del nuovo Decreto Sicurezza 2025 ha già predisposto e benedetto.

Il colpo di teatro legislativo è tutto qui: il potenziamento tecnologico dei mezzi va di pari passo con un robusto rafforzamento dei poteri dell’apparato di intelligence, legalizzando pratiche che, fino a ieri, avrebbero fatto gridare allo scandalo.

Cosa prevede questo gioiellino giuridico?

Estensione delle condotte scriminabili: i servizi segreti possono ora compiere reati senza conseguenze, basta invocare la lotta al terrorismo e ogni illecito diventa atto patriottico.

Agenti segreti-poliziotti: il personale militare impiegato a protezione delle strutture dell’intelligence può essere investito della qualifica di agente di pubblica sicurezza, con pieni poteri di polizia di prevenzione. In pratica: soldati-007 armati di legge e pistola, pronti a intervenire ovunque serva, senza distinzione tra guerra esterna e controllo interno.

Identità di copertura: gli agenti dei servizi possono presentarsi in tribunale sotto falsa identità, con una semplice comunicazione riservata al giudice. Addio trasparenza, addio diritto alla difesa piena.

Accesso diretto alle informazioni finanziarie:
i servizi potranno frugare nei conti correnti e nei movimenti bancari di chiunque venga ritenuto "interessante", senza dover passare per l’approvazione giudiziaria.

A completare l’opera, c’era anche il tentativo di imporre alle pubbliche amministrazioni, alle università e agli enti di ricerca l’obbligo di collaborazione automatica con l’intelligence, compresa la trasmissione dei dati personali in deroga alla privacy. Dopo qualche grugnito istituzionale dal Quirinale e dalla Ragioneria, si è corretto il tiro rendendo la collaborazione “facoltativa”, ma in un sistema come il nostro la facoltatività suona spesso come un invito irrinunciabile.

I nuovi droni – capaci di raccogliere dati sensibili in tempo reale e trasmetterli senza interruzioni – sono il braccio operativo ideale per questa nuova architettura di sorveglianza. Non occorre più frammentare le informazioni tra enti diversi: tutto viene centralizzato, scannerizzato, monitorato e, se necessario, sacrificato sull'altare della sicurezza.

Nel mentre, il governo celebra la "modernizzazione" e l’"autonomia" del comparto sicurezza, mentre la realtà mostra un’Italia sempre più dipendente dalle tecnologie americane, sempre più simile a un laboratorio di controllo sociale, dove la privacy viene smontata pezzo dopo pezzo e i diritti civili sopravvivono a stento come reliquie di un’epoca passata.

Il progetto Baykar-Leonardo, sulla carta, potrebbe in futuro offrire una parvenza di autonomia nello sviluppo dei droni e delle tecnologie di sorveglianza. Ma oggi, nel 2025, il Paese resta un mercato dipendente, un appendice strategica che compra, installa e applica strumenti di controllo progettati altrove.

Armato fino ai denti, ma sempre più spoglio di libertà.

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Mentre la Commissione europea butta 86 milioni nei soliti "progetti strategici" per salvare il pianeta — e intanto fiumi restano inquinati, incendi aumentano e i gas serra se la ridono — i veri scienziati come Rubbia e Franco Prodi continuano a smascherare la frode climatica. I soldi? Spariranno "mobilizzando investimenti", ovviamente nelle tasche giuste. Intanto, un blackout gigantesco paralizza Spagna e Portogallo. La spiegazione ufficiale? "Un raro fenomeno atmosferico". Tradotto: ha stato il meteo.

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28.04.202511:05
Trump esegue, i burattinai incassano: la Globalizzazione 2.0 è già realtà

Mentre la stampa mainstream strilla isterica come un coro di disperati, Donald Trump continua a interpretare il suo ruolo: non l'eroe rivoluzionario, ma l'esecutore diligente di un copione scritto molto tempo fa. Sta smantellando il vecchio globalismo finanziario, quello dei super deficit cronici, delle delocalizzazioni suicide e della dipendenza dal debito come stile di vita.

A marzo 2025, le entrate fiscali USA da dazi e accise sono raddoppiate, superando i 15 miliardi di dollari. Non più chiacchiere, non più slogan: solo cassa vera, incassata al centro dell’impero. E siamo solo all’inizio: il deficit commerciale mondiale, quella gigantesca macchina di esportazioni e consumo drogato, sta cominciando a collassare sotto il suo stesso peso.

Gli effetti non si fermano a un boom fiscale interno. Con il crollo delle importazioni, si sta scientemente prosciugando il sistema globale di dollari: meno liquidità internazionale, meno ossigeno per chi aveva vissuto anni pendendo dalle labbra della finanza USA. E mentre il mondo inizia a barcollare, a Washington preparano la seconda fase: blindare il sistema in vista della prossima crisi finanziaria.

Le banche americane seguono lo spartito senza esitazioni. Il credito è stagnante, le banche regionali affogano lentamente, e il passaggio definitivo dal vecchio LIBOR al nuovo SOFR è già avvenuto. Non è stato solo un cambio tecnico, ma una rivoluzione silenziosa: il LIBOR, tasso globale negoziato tra banche di mezzo mondo, lasciava ancora spazio a equilibri internazionali; il SOFR, invece, si basa su operazioni reali garantite da titoli USA ed è sotto il pieno controllo della Federal Reserve.

Con il SOFR, la liquidità globale non è più gestita dal mercato, ma centralizzata e razionabile a piacimento. In caso di crisi — e arriverà — Washington deciderà in modo diretto chi potrà accedere ai dollari e chi dovrà essere lasciato affondare. La rete di salvataggio globale è stata smontata e sostituita da una leva geopolitica.

Fuori dagli Stati Uniti, il crollo è già iniziato. La Corea del Sud, campione dell’esportazione globale, è precipitata in recessione tecnica, con investimenti e consumi in calo, esportazioni in discesa. La Cina, dietro le fanfare della propaganda, ha cominciato in silenzio a ritirare i suoi dazi sui semiconduttori americani, pur di non rischiare il collasso delle sue catene industriali. L'Europa, come sempre, striscia: getta alle ortiche la transizione verde e si lega mani e piedi al gas USA, senza nemmeno rendersene conto.

Altro che autonomia strategica: l'Unione Europea si sta auto-consegnando al suo nuovo ruolo di colonia energetica e commerciale degli Stati Uniti.

Non è la fine della globalizzazione, è la sua mutazione genetica. Il vecchio mondo di mercati aperti e capitali liberi viene chiuso a doppia mandata. Al suo posto nascono blocchi regionali rigidamente controllati. Chi è dentro riceverà dollari e accesso ai mercati. Chi è fuori, si arrangi.

Trump non fa altro che eseguire il piano: prosciugare il sistema, blindarlo e prepararlo alla selezione forzata.

Il vecchio mondo crolla. La Globalizzazione 2.0 è già qui: più dura, più gerarchica, più spietatamente americana. E il bello deve ancora venire.

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27.04.202518:05
Shanghai, Porta del Futuro: L’Oro Diventa Liquido

Mentre il mondo si avvita tra inflazione, debiti e denaro sempre più virtuale, a Shanghai compare il simbolo di una nuova era: il primo "ComproOro automatico". Non più file nei negozi né valutazioni soggettive: in aeroporto ora basta inserire un gioiello nella macchina, attendere l’analisi chimica, la fusione, e ricevere il valore accreditato direttamente sul conto in meno di mezz’ora. Nessuna carta d’identità, nessun intermediario: solo oro trasformato in moneta elettronica in tempo reale. Un gesto semplice che, sotto la superficie, racconta molto di più: il metallo più antico della storia umana che diventa liquido nel flusso digitale, pronto a essere speso, investito o trasferito con un click.

È la smaterializzazione definitiva della ricchezza fisica. Un assaggio di un mondo dove anche l’ultimo simbolo di valore tangibile — l'oro — si piega alle logiche della velocità, del controllo e della tracciabilità finanziaria.

In fila, centinaia di cittadini si affrettano a vendere i loro gioielli, spinti dal prezzo in crescita e dalla promessa di una transazione facile e immediata. Un successo talmente travolgente che, secondo i media cinesi, bisogna prenotare settimane prima per poter usare una macchina.

Il futuro che si annuncia non è più fatto di monete d'oro custodite nei forzieri. È fatto di dati, di impulsi elettronici, di "oro smaterializzato" — e sarà interessante vedere chi controllerà, domani, questa nuova forma di ricchezza.

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27.04.202505:02
L'Occhio Globale: il nuovo ordine atmosferico

Hanno detto che volevano salvarci. Hanno detto che volevano fermare il riscaldamento globale, proteggere la Terra, schermare il sole per amore del pianeta. Hanno raccontato una fiaba verde con le solite parole chiave: sostenibilità, emergenza climatica, responsabilità collettiva. Ma dietro quella narrazione accattivante si cela il vero obiettivo del progetto: non un pianeta più fresco, ma un’umanità più trasparente, schedabile, prevedibile. Non un mondo più naturale, ma un mondo più leggibile dall’alto.

Il “parasol” artificiale che vogliono creare con polveri riflettenti nella stratosfera non serve a mitigare il clima, serve a perfezionare l’Occhio Globale. Un progetto coerente con la visione di Klaus Schwab e del World Economic Forum, che da anni spingono per un “nuovo ordine globale” basato su sorveglianza, automazione, intelligenza artificiale e digitalizzazione completa della biosfera. Una quarta rivoluzione industriale che penetra nei corpi, nei comportamenti e nell’aria stessa.

Ecco cosa sta accadendo: attraverso la dispersione di nanoparticelle, smardust e ossidi metallici intelligenti, l’atmosfera viene trasformata in un’interfaccia sensoriale, in grado di dialogare con satelliti a bassa orbita, AI militari e sistemi di previsione del comportamento. Gli smardust, quei minuscoli sensori intelligenti grande quanto un granello di sabbia, non servono a proteggere l’ambiente: servono a convertirlo in una superficie leggibile. Ogni particella diventa un pixel mobile in un gigantesco schermo planetario.

La luce solare, diffusa e rifratta da questi strati artificiali, non illumina più: scannerizza. I satelliti non guardano più il mondo: lo leggono, lo interpretano, lo prevedono. Il corpo umano diventa una firma termica identificabile. I movimenti urbani, una sequenza analizzabile. I microcomportamenti, un algoritmo da modellare.

Le tecnologie esistono già. Harvard testa da anni il rilascio di particelle riflettenti. Bill Gates finanzia progetti per modificare l’atmosfera. La DARPA sviluppa sensori ambientali che servono sia alla difesa che al controllo sociale. Palantir, SpaceX, OpenAI, Anduril: tutte impegnate a costruire le infrastrutture del “globo leggibile”. E mentre ci raccontano che vogliono salvare la Terra, stanno semplicemente digitalizzando il cielo, trasformando l’atmosfera in un dispositivo.

È il sogno del potere globale realizzato: una biosfera trasparente e tracciabile, in cui non si muove foglia senza che l’algoritmo lo sappia. Il concetto di “governance globale” auspicato da Schwab non è più una visione geopolitica: è una condizione atmosferica programmabile. Il Global Reset non passa solo per le valute, le identità digitali o le pandemie: passa attraverso l’aria.

E se un giorno questo sistema integrato venisse attivato per qualcosa di più del semplice monitoraggio?
Se quei sensori fossero in grado di emettere segnali, alterare il microclima, attivare risposte neurali? Se il controllo non fosse più solo visivo, ma ambientale, comportamentale, fisiologico?

L'illusione è che tutto questo serva alla "salvezza globale". La verità è che stiamo assistendo alla più sofisticata operazione di colonizzazione del cielo e dell’essere umano. Il futuro non sarà un inferno climatico. Sarà un paradiso di controllo, perfettamente bilanciato, pienamente tracciato, interamente gestito da chi vede tutto… senza essere mai visto.

E l’aria, che credevamo libera, sarà il primo recinto invisibile del nuovo ordine globale.

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26.04.202515:06
Roma 2025: It-Alert e l'addestramento del cittadino-cane

Alle 13.10 di un ordinario 25 aprile romano, migliaia di telefoni squillano all’unisono con il suono lugubre di It-Alert, il sistema ufficialmente progettato per alluvioni, terremoti o catastrofi imminenti.
Ma stavolta niente tsunami, niente esplosione nucleare, niente invasione aliena: solo un messaggio d’urgenza per avvisare che piazza San Pietro avrebbe chiuso un’ora prima per l'ultimo saluto a Papa Francesco.

Pavlov sarebbe fiero.
Il celebre esperimento sui cani che salivavano al suono del campanello è stato finalmente applicato su scala urbana:
suona l’allarme ➔ scatta il riflesso pavloviano ➔ il cittadino si immobilizza, spalanca gli occhi, obbedisce.
Un programma di addestramento mentale camuffato da "test tecnico", il cui vero obiettivo non è salvare vite, ma abituare le masse ad associare il suono dell’allarme non a un pericolo reale, ma a un comando di autorità.

Il sistema di emergenza si trasforma così in strumento di ingegneria sociale, uno dei tanti dispositivi per plasmare il comportamento collettivo: paura, obbedienza, assuefazione al controllo.
Un esperimento di massa, accuratamente progettato, per testare la prontezza dei cittadini a rispondere senza pensare, senza domande, senza diritto di replica.

Sui social esplode la protesta, ma la Protezione Civile tace con la complicità tipica di chi segue un'agenda più ampia, dove l'addestramento della popolazione passa attraverso il panico controllato e la normalizzazione dell'allarme permanente.
Il messaggio, dicono, era "opportuno". Opportuno per chi? Sicuramente per chi sta costruendo un sistema in cui il cittadino deve reagire istintivamente a ogni impulso tecnologico, accettando il nuovo ordine della "sicurezza preventiva" come normalità.

Obiettivo?
Confondere la linea tra emergenza reale e messaggio amministrativo, distruggere la capacità critica, rendere ogni individuo dipendente dalla guida elettronica dello Stato.
Non pensare, ma reagire. Non giudicare, ma obbedire.
It-Alert non è solo un sistema di notifica: è un dispositivo di condizionamento, il campanello di Pavlov applicato all’intera popolazione.

Mentre a Roma si celebra la fine di un pontificato, si inaugura anche un altro culto:
quello della sottomissione programmata, del cittadino ridotto a recettore passivo di input, pronto a rispondere al suono di ogni campanella governativa.

E questo era solo un test.

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