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Lettera da Mosca

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09.05.202519:46
MOSCA - I fuochi d'artificio a Mosca dopo la Parata della Vittoria.
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Giorgio Bianchi Photojournalist

09.05.202506:44
La gestione della resa comportava problemi concreti enormi: nella sola Danimarca c’era un milione di soldati tedeschi, più 400.000 prigionieri sovietici e due milioni di civili tedeschi da sgombrare dalle province annesse al Reich. I tedeschi continuavano a combattere contro i sovietici e a firmare capitolazioni locali con gli alleati occidentali: il 5 maggio tutte le truppe in Baviera si arresero agli americani. Alla fine il comandante supremo alleato in Occidente, Eisenhower, futuro presidente degli Stati Uniti (non un granché come generale, ma preziosissimo come diplomatico, secondo Alan Brooke) decise che quell’ambiguità era politicamente inaccettabile e pretese che i tedeschi si presentassero al comando supremo alleato, a Reims, per firmare la resa incondizionata della Germania su tutti i fronti. Il 7 maggio Jodl, capo di stato maggiore della Wehrmacht, anche lui poi impiccato a Norimberga, volò a Reims e firmò la resa alla presenza di un generale americano e uno sovietico. Erano le due del mattino e la resa doveva avere effetto dalle 23 del giorno 8, perché i tedeschi volevano ancora due giorni di tempo per far fuggire le loro truppe davanti ai russi e consegnarle agli angloamericani.
A questo punto le questioni di forma cominciarono a prevalere su quelle di sostanza; non a torto, vista l’importanza simbolica che diamo ancora oggi a date e anniversari. I sovietici fecero sapere che il loro inviato a Reims non aveva i poteri per accettare la resa della Germania e che la firma doveva essere ripetuta, ma stavolta a Berlino, capitale del Reich – nonché appena occupata dall’Armata Rossa, che aveva perso 80.000 morti per arrivare ad alzare la bandiera rossa sul Reichstag. Eisenhower trovò che la richiesta era ragionevolissima, anche perché nel frattempo la Wehrmacht continuava a resistere fanaticamente sul fronte orientale e a sterminare gli insorti a Praga, dove il comandante tedesco, il feldmaresciallo Schörner, aveva informato i suoi soldati che la guerra era finita a Occidente, ma che arrendersi ai russi era fuori discussione.
Perciò Eisenhower concordò con i sovietici il testo di una resa più ampia e definitiva, fece portare a Berlino i comandanti della Wehrmacht e lì, all’una di mattina del 9, Keitel firmò la resa di tutte le forze armate tedesche al comando supremo alleato e al comando dell’Armata Rossa. Ma l’atto venne retrodatato alla sera dell’8, perché quella era la scadenza già pubblicamente annunciata, e in tutti i paesi alleati fin dalla mattina dell’8 la gente era scesa in piazza a festeggiare quello che venne subito chiamato il VE Day, il giorno della Vittoria in Europa (giacché la guerra non era ancora finita nel Pacifico contro il Giappone; e nessuno poteva immaginare che sarebbe durata solo altri tre mesi). Quella sera, Alan Brooke scrisse nel suo diario: “Sono convinto più che mai che c’è un Dio onnipotente che si prende cura del destino di questo mondo. Avevo pochi dubbi prima che cominciasse la guerra, ma ora sono più convinto che mai… Quando avremo imparato ad amare gli altri come noi stessi, la guerra cesserà di esistere. Ma ci vorranno ancora secoli. Per adesso, possiamo solo sforzarci di avere relazioni sempre più amichevoli con quelli che ci troviamo intorno”.
I festeggiamenti del Victory Day in quasi tutto l’Occidente sono stati rapidamente dimenticati: oggi quel giorno è festivo soltanto in Francia, dove più di 500 strade si chiamano “rue du 8 Mai 1945”. In Russia, dove la folla si riversò in piazza solo il 9 maggio, è quello il giorno ufficialmente celebrato come Festa della Vittoria; anche lì, però, il ricordo non si è mantenuto ininterrotto da allora: giorno festivo nei primi anni, il 9 maggio cessò di esserlo nel 1947 e lo ridiventò solo nel 1965, nel pieno della svolta neostalinista di Breznev, e la parata sulla Piazza Rossa è diventata un evento annuale solo dal 1995.
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A questo punto le questioni di forma cominciarono a prevalere su quelle di sostanza; non a torto, vista l’importanza simbolica che diamo ancora oggi a date e anniversari. I sovietici fecero sapere che il loro inviato a Reims non aveva i poteri per accettare la resa della Germania e che la firma doveva essere ripetuta, ma stavolta a Berlino, capitale del Reich – nonché appena occupata dall’Armata Rossa, che aveva perso 80.000 morti per arrivare ad alzare la bandiera rossa sul Reichstag. Eisenhower trovò che la richiesta era ragionevolissima, anche perché nel frattempo la Wehrmacht continuava a resistere fanaticamente sul fronte orientale e a sterminare gli insorti a Praga, dove il comandante tedesco, il feldmaresciallo Schörner, aveva informato i suoi soldati che la guerra era finita a Occidente, ma che arrendersi ai russi era fuori discussione.
Perciò Eisenhower concordò con i sovietici il testo di una resa più ampia e definitiva, fece portare a Berlino i comandanti della Wehrmacht e lì, all’una di mattina del 9, Keitel firmò la resa di tutte le forze armate tedesche al comando supremo alleato e al comando dell’Armata Rossa. Ma l’atto venne retrodatato alla sera dell’8, perché quella era la scadenza già pubblicamente annunciata, e in tutti i paesi alleati fin dalla mattina dell’8 la gente era scesa in piazza a festeggiare quello che venne subito chiamato il VE Day, il giorno della Vittoria in Europa (giacché la guerra non era ancora finita nel Pacifico contro il Giappone; e nessuno poteva immaginare che sarebbe durata solo altri tre mesi). Quella sera, Alan Brooke scrisse nel suo diario: “Sono convinto più che mai che c’è un Dio onnipotente che si prende cura del destino di questo mondo. Avevo pochi dubbi prima che cominciasse la guerra, ma ora sono più convinto che mai… Quando avremo imparato ad amare gli altri come noi stessi, la guerra cesserà di esistere. Ma ci vorranno ancora secoli. Per adesso, possiamo solo sforzarci di avere relazioni sempre più amichevoli con quelli che ci troviamo intorno”.
I festeggiamenti del Victory Day in quasi tutto l’Occidente sono stati rapidamente dimenticati: oggi quel giorno è festivo soltanto in Francia, dove più di 500 strade si chiamano “rue du 8 Mai 1945”. In Russia, dove la folla si riversò in piazza solo il 9 maggio, è quello il giorno ufficialmente celebrato come Festa della Vittoria; anche lì, però, il ricordo non si è mantenuto ininterrotto da allora: giorno festivo nei primi anni, il 9 maggio cessò di esserlo nel 1947 e lo ridiventò solo nel 1965, nel pieno della svolta neostalinista di Breznev, e la parata sulla Piazza Rossa è diventata un evento annuale solo dal 1995.
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Giorgio Bianchi Photojournalist

08.05.202506:57
Rieccoli: lo stop totale al gas russo
di Marco Palombi
Siccome gli elementi di incertezza all’orizzonte parevano pochi e l’Europa rischiava di farsi noiosa, a Bruxelles hanno deciso di rendere più piccanti le cose con una nuova grande idea: interrompere ogni fornitura di gas russo entro il 2027, iniziando già a fine anno dai contratti spot (tanto dobbiamo comprarne di più da Trump…). “Le proposte della Commissione dovranno essere tradotte in testi legislativi, da approvare in Consiglio e dal Parlamento. Non mancano le incognite politiche e legali”, riassume giudiziosamente Il Sole 24 Ore, ricordando come nel 2024 tra gasdotti e navi metaniere Mosca garantiva ancora il 13% del fabbisogno di metano dell’Ue. Le incognite politiche sono dovute al fatto che almeno un paio di Paesi (Ungheria e Slovacchia, ma in realtà anche altri) rischiano seri danni alla loro sicurezza energetica col bando totale all’energia russa e vorranno opporsi, quelle legali riguardano cosa succederà nei tribunali arbitrali una volta interrotti in questo modo contratti in vigore. In realtà – a non voler tenere da conto le difficili trattative per un cessate il fuoco in Ucraina – il problema più grosso di una scelta così poco sensata non lo vedremo in futuro, ha già iniziato a verificarsi: sottrarre il 13% del gas dal mercato europeo non può non avere conseguenze sui prezzi. Per capirci: il prezzo “storico” del gas è 20-25 euro al MWh, quest’inverno ha avuto picchi di oltre 50 euro, mentre nelle ultime settimane – tra caldo in arrivo e timori di recessione globale – era sceso in zona 30 euro. È in questo momento che a Bruxelles hanno avuto il colpo di genio: basta gas russo. Risultato: solo l’annuncio ha riportato il metano sul famigerato mercato Ttf di Amsterdam in zona 34-35 euro e questo mentre i Paesi europei riempiono gli stoccaggi svuotati in inverno (siamo in media al 41%). Non si sa l’effetto che questa scelta – se verrà portata in fondo – avrà sulla Russia, probabilmente non decisivo come le sanzioni già in vigore, mentre è chiaro quello che avrà sull’economia europea e sulle tasche dei suoi cittadini, i quali poi, quando gliene danno l’occasione, votano qualche puzzone e a Bruxelles tutti a scendere dalla montagna del sapone e a maledire i troll russi, non sapendo che i troll russi sono loro.
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di Marco Palombi
Siccome gli elementi di incertezza all’orizzonte parevano pochi e l’Europa rischiava di farsi noiosa, a Bruxelles hanno deciso di rendere più piccanti le cose con una nuova grande idea: interrompere ogni fornitura di gas russo entro il 2027, iniziando già a fine anno dai contratti spot (tanto dobbiamo comprarne di più da Trump…). “Le proposte della Commissione dovranno essere tradotte in testi legislativi, da approvare in Consiglio e dal Parlamento. Non mancano le incognite politiche e legali”, riassume giudiziosamente Il Sole 24 Ore, ricordando come nel 2024 tra gasdotti e navi metaniere Mosca garantiva ancora il 13% del fabbisogno di metano dell’Ue. Le incognite politiche sono dovute al fatto che almeno un paio di Paesi (Ungheria e Slovacchia, ma in realtà anche altri) rischiano seri danni alla loro sicurezza energetica col bando totale all’energia russa e vorranno opporsi, quelle legali riguardano cosa succederà nei tribunali arbitrali una volta interrotti in questo modo contratti in vigore. In realtà – a non voler tenere da conto le difficili trattative per un cessate il fuoco in Ucraina – il problema più grosso di una scelta così poco sensata non lo vedremo in futuro, ha già iniziato a verificarsi: sottrarre il 13% del gas dal mercato europeo non può non avere conseguenze sui prezzi. Per capirci: il prezzo “storico” del gas è 20-25 euro al MWh, quest’inverno ha avuto picchi di oltre 50 euro, mentre nelle ultime settimane – tra caldo in arrivo e timori di recessione globale – era sceso in zona 30 euro. È in questo momento che a Bruxelles hanno avuto il colpo di genio: basta gas russo. Risultato: solo l’annuncio ha riportato il metano sul famigerato mercato Ttf di Amsterdam in zona 34-35 euro e questo mentre i Paesi europei riempiono gli stoccaggi svuotati in inverno (siamo in media al 41%). Non si sa l’effetto che questa scelta – se verrà portata in fondo – avrà sulla Russia, probabilmente non decisivo come le sanzioni già in vigore, mentre è chiaro quello che avrà sull’economia europea e sulle tasche dei suoi cittadini, i quali poi, quando gliene danno l’occasione, votano qualche puzzone e a Bruxelles tutti a scendere dalla montagna del sapone e a maledire i troll russi, non sapendo che i troll russi sono loro.
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05.05.202512:24
Marxiani sì. Marxisti, no
Alessio Mannino
Il 5 maggio 1818 nasceva a Treviri quel pensatore geniale, profondo, infaticabile, febbrile, utopista suo malgrado, politicamente autoritario e filosoficamente imprescindibile che fu Karl Marx. Sulla sua biografia e opera esistono sterminate biblioteche, e non è il caso di azzardare qualche fantomatica nuova interpretazione (di cui, per altro, non siam degni). Ma l’anniversario ci… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/05/marxiani-si-marxisti-no/
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Il 5 maggio 1818 nasceva a Treviri quel pensatore geniale, profondo, infaticabile, febbrile, utopista suo malgrado, politicamente autoritario e filosoficamente imprescindibile che fu Karl Marx. Sulla sua biografia e opera esistono sterminate biblioteche, e non è il caso di azzardare qualche fantomatica nuova interpretazione (di cui, per altro, non siam degni). Ma l’anniversario ci… Continua... 👇
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04.05.202508:01
La preziosa eredità di Papa Francesco e lo “stolto pregiudizio” contro di lui
Francesco Ricciardi
Erano tanti gli interrogativi, le attese e le preoccupazioni sulla Chiesa agli inizi del conclave del marzo 2013, dopo le inaspettate dimissioni di Benedetto XVI e le tensioni di vario tipo che ruotavano intorno al Vaticano.
L’elezione di un Papa proveniente dall’America Latina e che si volle chiamare Francesco rappresentò, già di per sé,… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/04/la-preziosa-eredita-di-papa-francesco-e-lo-stolto-pregiudizio-contro-di-lui/
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Francesco Ricciardi
Erano tanti gli interrogativi, le attese e le preoccupazioni sulla Chiesa agli inizi del conclave del marzo 2013, dopo le inaspettate dimissioni di Benedetto XVI e le tensioni di vario tipo che ruotavano intorno al Vaticano.
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19.04.202507:17
Verso l’economia di guerra
Alessandro Somma
Il coinvolgimento dell’Unione europea nel conflitto con l’Ucraina è stato il frutto di un rapporto tra Washington e Bruxelles almeno formalmente diverso da quello sviluppatosi negli ultimi tempi. Se l’Amministrazione Biden rimarcava la presenza di solidi legami tra Stati Uniti e Unione europea, Donald Trump discute apertamente di un disimpegno militare degli Stati Uniti… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/04/19/verso-leconomia-di-guerra-2/
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Alessandro Somma
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09.05.202513:16
La necessaria rinascita spirituale della Chiesa
Gabriele Guzzi
Il Papa, secondo la dottrina cattolica, è “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Lumen Gentium).
In quanto Vicario di Cristo “ha sulla Chiesa la potestà piena suprema e universale” (Lumen Gentium). Il suo scopo è di “conferma[re] nella fede i suoi fratelli” (Dei Verbum).… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/09/la-necessaria-rinascita-spirituale-della-chiesa/
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Gabriele Guzzi
Il Papa, secondo la dottrina cattolica, è “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Lumen Gentium).
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Giorgio Bianchi Photojournalist

09.05.202506:43
1945, la festa dell’Europa (che l’ha scordata)
di Alessandro Barbero
Negli ultimi giorni del conflitto sul suolo europeo, alcuni vertici tedeschi ritenevano che gli Alleati avrebbero cambiato campo per attaccare con loro l’Urss. Churchill coniò il termine “Cortina di ferro”
Il 2 maggio 1945 il feldmaresciallo Sir Alan Brooke, capo di stato maggiore delle forze armate britanniche, annotò nel suo diario: “La notte scorsa, al giornale radio di mezzanotte, è stata annunciata la morte di Hitler. Dopo aver desiderato questa notizia per sei anni, quando l’ho finalmente sentita non ho provato nessuna emozione. Non so perché. Ho capito subito che questo era il punto finale della guerra, ma sono così stanco che il mio cervello non è più capace di sensazioni intense”.
“La Germania crolla”, aggiunse il giorno dopo. “Il fronte italiano si è arreso”. I migliori fra i generali tedeschi sapevano da molto tempo che la guerra era perduta. Dopo lo sbarco in Normandia, al comando della Wehrmacht che gli telefonava preoccupato da Berlino chiedendo cosa si poteva fare, il feldmaresciallo von Rundstedt, OB West ovvero comandante in capo a Occidente, aveva risposto: “Finite la guerra, idioti!”. Ma finché Hitler era vivo, nessuno poteva proporlo seriamente (e von Rundstedt perse il posto il giorno dopo). Ora, invece, morto il Führer la strada per la pace in Europa era spalancata; senonché, come si scoprì subito, finire una guerra era più difficile che cominciarla.
I problema principale è che i tedeschi erano prontissimi a fare la pace con gli alleati occidentali, ma non con i russi; anzi, da tempo coltivavano la speranza che gli angloamericani si sarebbero uniti a loro nella crociata contro la minaccia bolscevica – giacché la propaganda nazista aveva smesso da un pezzo di parlare della razza padrona e del suo Lebensraum a Est, e pretendeva invece di parlare a nome di un’Europa unita nella difesa contro le orde russe. Non era soltanto la leadership nazista a crederci: ci credeva anche la truppa. L’asso degli Stuka, Hans-Ulrich Rudel, nazista convinto che anche dopo la guerra continuò a frequentare gli ambienti neonazisti, nelle sue memorie ricorda che negli ultimi giorni della guerra rifletteva continuamente sull’“immensa responsabilità” che gli alleati occidentali si stavano assumendo davanti alla Storia, “stroncando la Germania e rafforzando la Russia”.
In realtà l’elettorato americano o britannico, in quei giorni, non avrebbe mai accettato una nuova guerra contro il popolo russo, i cui immensi sacrifici erano stati elogiati per anni dalla stampa alleata. Invece Churchill, se fosse dipeso solo da lui, forse ci avrebbe fatto un pensierino: anzi, negli ultimi mesi aveva chiesto ai suoi generali di valutare la possibilità di riprendere la guerra contro l’Urss una volta sconfitti i tedeschi. Per fortuna i generali gli avevano risposto che sarebbe stata una pazzia, e anche Winston alla fine rinsavì. Dopo la guerra, però, sarebbe diventato uno dei più accaniti promotori e propagandisti della guerra fredda contro gli ex-alleati, e l’inventore della sciagurata formula della “cortina di ferro”.
E dunque i generali tedeschi dopo la morte di Hitler si precipitarono a trattare con gli angloamericani, ma non con i sovietici. Il comandante in capo della Wehrmacht, Keitel, che sarà poi impiccato a Norimberga (a dimostrazione che aveva fatto molto male a fidarsi), incontrò Montgomery, comandante delle forze britanniche in Europa, già il 4 maggio promettendo la resa incondizionata di tutte le forze tedesche a Occidente; non era sicuro, però, di farsi obbedire da quelle impegnate in Cecoslovacchia, che stavano reprimendo con l’abituale ferocia l’insurrezione di Praga. I russi, comprensibilmente, non erano entusiasti di questa strana specie di resa a metà. L’indomani, 5 maggio, Alan Brooke annotò: “Difficoltà di convincere i russi, combinata con la grande riluttanza dei tedeschi ad arrendersi ai russi, da cui sono terrorizzati”.
Segue...
di Alessandro Barbero
Negli ultimi giorni del conflitto sul suolo europeo, alcuni vertici tedeschi ritenevano che gli Alleati avrebbero cambiato campo per attaccare con loro l’Urss. Churchill coniò il termine “Cortina di ferro”
Il 2 maggio 1945 il feldmaresciallo Sir Alan Brooke, capo di stato maggiore delle forze armate britanniche, annotò nel suo diario: “La notte scorsa, al giornale radio di mezzanotte, è stata annunciata la morte di Hitler. Dopo aver desiderato questa notizia per sei anni, quando l’ho finalmente sentita non ho provato nessuna emozione. Non so perché. Ho capito subito che questo era il punto finale della guerra, ma sono così stanco che il mio cervello non è più capace di sensazioni intense”.
“La Germania crolla”, aggiunse il giorno dopo. “Il fronte italiano si è arreso”. I migliori fra i generali tedeschi sapevano da molto tempo che la guerra era perduta. Dopo lo sbarco in Normandia, al comando della Wehrmacht che gli telefonava preoccupato da Berlino chiedendo cosa si poteva fare, il feldmaresciallo von Rundstedt, OB West ovvero comandante in capo a Occidente, aveva risposto: “Finite la guerra, idioti!”. Ma finché Hitler era vivo, nessuno poteva proporlo seriamente (e von Rundstedt perse il posto il giorno dopo). Ora, invece, morto il Führer la strada per la pace in Europa era spalancata; senonché, come si scoprì subito, finire una guerra era più difficile che cominciarla.
I problema principale è che i tedeschi erano prontissimi a fare la pace con gli alleati occidentali, ma non con i russi; anzi, da tempo coltivavano la speranza che gli angloamericani si sarebbero uniti a loro nella crociata contro la minaccia bolscevica – giacché la propaganda nazista aveva smesso da un pezzo di parlare della razza padrona e del suo Lebensraum a Est, e pretendeva invece di parlare a nome di un’Europa unita nella difesa contro le orde russe. Non era soltanto la leadership nazista a crederci: ci credeva anche la truppa. L’asso degli Stuka, Hans-Ulrich Rudel, nazista convinto che anche dopo la guerra continuò a frequentare gli ambienti neonazisti, nelle sue memorie ricorda che negli ultimi giorni della guerra rifletteva continuamente sull’“immensa responsabilità” che gli alleati occidentali si stavano assumendo davanti alla Storia, “stroncando la Germania e rafforzando la Russia”.
In realtà l’elettorato americano o britannico, in quei giorni, non avrebbe mai accettato una nuova guerra contro il popolo russo, i cui immensi sacrifici erano stati elogiati per anni dalla stampa alleata. Invece Churchill, se fosse dipeso solo da lui, forse ci avrebbe fatto un pensierino: anzi, negli ultimi mesi aveva chiesto ai suoi generali di valutare la possibilità di riprendere la guerra contro l’Urss una volta sconfitti i tedeschi. Per fortuna i generali gli avevano risposto che sarebbe stata una pazzia, e anche Winston alla fine rinsavì. Dopo la guerra, però, sarebbe diventato uno dei più accaniti promotori e propagandisti della guerra fredda contro gli ex-alleati, e l’inventore della sciagurata formula della “cortina di ferro”.
E dunque i generali tedeschi dopo la morte di Hitler si precipitarono a trattare con gli angloamericani, ma non con i sovietici. Il comandante in capo della Wehrmacht, Keitel, che sarà poi impiccato a Norimberga (a dimostrazione che aveva fatto molto male a fidarsi), incontrò Montgomery, comandante delle forze britanniche in Europa, già il 4 maggio promettendo la resa incondizionata di tutte le forze tedesche a Occidente; non era sicuro, però, di farsi obbedire da quelle impegnate in Cecoslovacchia, che stavano reprimendo con l’abituale ferocia l’insurrezione di Praga. I russi, comprensibilmente, non erano entusiasti di questa strana specie di resa a metà. L’indomani, 5 maggio, Alan Brooke annotò: “Difficoltà di convincere i russi, combinata con la grande riluttanza dei tedeschi ad arrendersi ai russi, da cui sono terrorizzati”.
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Lorna_toon 🦊

07.05.202518:42
Due nazisti entrano in una Taverna A Santa Chiara, si siedono e ordinano da mangiare...


04.05.202513:40
Esprimiamo 𝗽𝗶𝗲𝗻𝗮 𝘀𝗼𝗹𝗶𝗱𝗮𝗿𝗶𝗲𝘁à e siamo vicini ai soci e ai lavoratori di Taverna Santa Chiara, tra le più apprezzate osterie del centro storico di Napoli, aggrediti e insultati da una coppia di turisti israeliani.
Dopo aver mangiato e nel corso di una pacata discussione con i vicini commensali e con la proprietaria del locale su Israele, la coppia di israeliani si è sentita offesa perché è stato fatto notare che il locale in cui stavano pranzando aderiva alla campagna 𝗦𝗽𝗮𝘇𝗶 𝗟𝗶𝗯𝗲𝗿𝗶 𝗱𝗮𝗹𝗹'𝗔𝗽𝗮𝗿𝘁𝗵𝗲𝗶𝗱 𝗜𝘀𝗿𝗮𝗲𝗹𝗶𝗮𝗻𝗮.
A quel punto si sono alzati, hanno cominciato a riprendere con il cellulare la scena, mentre tacciavano la proprietaria del locale e il personale di essere dei "Terrorist supporter" e degli "antisemitic", andando via ovviamente senza pagare.
A fronte dell'accaduto e dell'aggressione social che Taverna Santa Chiara sta subendo, ci chiediamo perché per il dichiarsi contro l'occupazione di Israele e l'uccisione di civili si debba essere tacciati di antisemitismo.
Fino a quando potremo sopportare che gli attuali carnefici indossino i panni di eterne vittime e in nome di questo possano agire da aggressori impuniti?
#StopGenocideOfPalestinians
#NoOtherLand
#zionistarenotwelcome
#dontstoptalkingaboutpalestine
@lafionda
Dopo aver mangiato e nel corso di una pacata discussione con i vicini commensali e con la proprietaria del locale su Israele, la coppia di israeliani si è sentita offesa perché è stato fatto notare che il locale in cui stavano pranzando aderiva alla campagna 𝗦𝗽𝗮𝘇𝗶 𝗟𝗶𝗯𝗲𝗿𝗶 𝗱𝗮𝗹𝗹'𝗔𝗽𝗮𝗿𝘁𝗵𝗲𝗶𝗱 𝗜𝘀𝗿𝗮𝗲𝗹𝗶𝗮𝗻𝗮.
A quel punto si sono alzati, hanno cominciato a riprendere con il cellulare la scena, mentre tacciavano la proprietaria del locale e il personale di essere dei "Terrorist supporter" e degli "antisemitic", andando via ovviamente senza pagare.
A fronte dell'accaduto e dell'aggressione social che Taverna Santa Chiara sta subendo, ci chiediamo perché per il dichiarsi contro l'occupazione di Israele e l'uccisione di civili si debba essere tacciati di antisemitismo.
Fino a quando potremo sopportare che gli attuali carnefici indossino i panni di eterne vittime e in nome di questo possano agire da aggressori impuniti?
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03.05.202516:29
🔴 Iniziato il dibattito Il sistema guerra nel vecchio continente, organizzato da Multipopolare Roma alla Città dell'Altra Economia


19.04.202507:00
È Pasqua: Dio stramaledica l’America
Alessio Mannino
Trump, Trump, Trump. I dazi americani, il debito americano, la strategia americana. Il declino dell’impero Usa, la de-dollarizzazione del mondo, le Big Three finanziarie, il woke, il Maga, le Big Tech, il tecno-ottimismo. Politicamente e culturalmente, siamo ancora e sempre inchiodati lì: sudditi degli Stati Uniti. Non se ne può più. Ecco,… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/04/19/e-pasqua-dio-stramaledica-lamerica/
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Alessio Mannino
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09.05.202513:13
Scusate cattolici (di destra e sinistra), permettete un dubbio su papa Prevost?
Alessio Mannino
Questo nuovo papa piace a tutti. Segno che c’è qualcosa che non torna. Intendiamoci: per un cattolico di qualsiasi orientamento si tratta di una buona notizia, perché il pontefice dovrebbe incarnare l’unità della Chiesa. Con quell’emblematico “la pace sia con voi”, Robert Francis Prevost è parso invitare anzitutto alla pacificazione interna di un “corpo… Continua... 👇
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Alessio Mannino
Questo nuovo papa piace a tutti. Segno che c’è qualcosa che non torna. Intendiamoci: per un cattolico di qualsiasi orientamento si tratta di una buona notizia, perché il pontefice dovrebbe incarnare l’unità della Chiesa. Con quell’emblematico “la pace sia con voi”, Robert Francis Prevost è parso invitare anzitutto alla pacificazione interna di un “corpo… Continua... 👇
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08.05.202507:11
No other land, il documentario che tutti dovrebbero vedere
Silvia D'Autilia
È simile a un pendolo che continuamente oscilla tra le violente demolizioni e le pazienti ricostruzioni la vita nel villaggio di Masafer Yatta. Siamo nel sud della Cisgiordania, tra le colline di Hebron: qui sono ambientate le riprese del documentario No other land, girato tra il 2019 e il 2023 e firmato… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/08/no-other-land-il-documentario-che-tutti-dovrebbero-vedere/
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Silvia D'Autilia
È simile a un pendolo che continuamente oscilla tra le violente demolizioni e le pazienti ricostruzioni la vita nel villaggio di Masafer Yatta. Siamo nel sud della Cisgiordania, tra le colline di Hebron: qui sono ambientate le riprese del documentario No other land, girato tra il 2019 e il 2023 e firmato… Continua... 👇
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07.05.202507:07
Populismo d’oltremanica e oltre Carpazi
Michele Agagliate
Da Farage a Simion, quando l’Europa scopre che il dissenso ha l’alito di birra e l’accento sbagliato.
Sta succedendo qualcosa di grave, in Europa. Gravissimo. Sta succedendo che il popolo vota. Peggio ancora: vota male. Non solo non ascolta i consigli del Financial Times e di Open, ma addirittura osa consegnare un municipio a… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/07/populismo-doltremanica-e-oltre-carpazi/
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Michele Agagliate
Da Farage a Simion, quando l’Europa scopre che il dissenso ha l’alito di birra e l’accento sbagliato.
Sta succedendo qualcosa di grave, in Europa. Gravissimo. Sta succedendo che il popolo vota. Peggio ancora: vota male. Non solo non ascolta i consigli del Financial Times e di Open, ma addirittura osa consegnare un municipio a… Continua... 👇
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Savino Balzano

04.05.202511:57
https://x.com/SavinoBalzano/status/1918988108160176497?t=zG6bQzgoH2MFssgcUBIIpw&s=19
Non è una questione di merito: è una questione di metodo. La #democrazia in #Europa sta morendo, e dovremmo preoccuparcene tutti.
Lo sostengo da anni: se davvero un politico fosse in grado di rompere certi equilibri sistemici o di scardinare meccanismi sensibili, verrebbe accoppato senza esitazioni. Fisicamente o mediaticamente, cambia poco.
A gennaio l’ex Commissario europeo francese Thierry Breton è stato chiarissimo: «In caso di interferenze annulleremo le elezioni. Lo abbiamo fatto in Romania e, se necessario, lo faremo anche in Germania». Eccoci serviti.
È vero che all’interno di Alternative für Deutschland esistono frange estremiste, ma definirlo un partito neonazista è una banalizzazione strumentale, come tante altre che abbiamo visto negli anni. È presente da tempo in Parlamento e partecipa alle elezioni nel rispetto delle regole costituzionali. La leader del partito, Alice #Weidel, non ha certo il profilo tipico di una formazione politica hitleriana: è una donna omosessuale dichiarata, ha una compagna – Sarah Bossard, produttrice cinematografica svizzera di origini srilankesi – e insieme crescono due figli.
Il problema non è nel merito delle idee del partito. Il problema è che tutti i sondaggi lo danno come prima forza politica della #Germania.
L’Unione Europea mostra il suo vero volto: la democrazia è accettata solo se vincono “quelli giusti”. La democrazia in Europa è una copertura. Serve a nascondere il pilota automatico, il vincolo esterno, il “whatever it takes”.
Contrariamente alla narrativa dominante, che ci racconta di popoli fieramente europeisti, la gente ha capito benissimo che è tutta una fregatura: un’élite di sciacalli li ha impoveriti, indottrinati, e continua a spingerli dentro un circolo vizioso di paura, mentre si investono montagne di denaro in armi e gli ospedali, le scuole, le università cadono a pezzi.
Questa è una classe dirigente che odia i popoli e la democrazia. Tratta le persone come bestiame da mungere, pelare e macellare. Tutto qui. Sono dei mostri.
La democrazia da queste parti è un bluff, e basterebbe un’informazione libera e seria per smascherare un sistema tanto corrotto e marcio. Ma l’informazione è parte del problema: spesso è finanziata dallo stesso sistema che dovrebbe denunciare. Ricordate la storia degli inglesi alla fame, disperati per la voglia di rientrare nell’#UE? Eppure #ReformUK sta scardinando il bipartitismo britannico, e Nigel #Farage ha ottenuto un risultato straordinario alle amministrative e alle suppletive. Com’è possibile? Come si concilia con il racconto che i tg ci hanno propinato ogni sera per anni?
La democrazia in Europa è solo una maschera, utile a celare i veri interessi di piccoli gruppi dominanti e violenti. I tradizionali schieramenti – destra e sinistra – non erano altro che attori in un teatro che ormai non convince più nessuno.
La gente comincia a capire, guarda altrove. Ed è proprio per questo che viviamo una delle fasi più pericolose della nostra storia: chi comanda oggi non accetterà mai pacificamente un cambio della guardia.
Non è una questione di merito: è una questione di metodo. La #democrazia in #Europa sta morendo, e dovremmo preoccuparcene tutti.
Lo sostengo da anni: se davvero un politico fosse in grado di rompere certi equilibri sistemici o di scardinare meccanismi sensibili, verrebbe accoppato senza esitazioni. Fisicamente o mediaticamente, cambia poco.
A gennaio l’ex Commissario europeo francese Thierry Breton è stato chiarissimo: «In caso di interferenze annulleremo le elezioni. Lo abbiamo fatto in Romania e, se necessario, lo faremo anche in Germania». Eccoci serviti.
È vero che all’interno di Alternative für Deutschland esistono frange estremiste, ma definirlo un partito neonazista è una banalizzazione strumentale, come tante altre che abbiamo visto negli anni. È presente da tempo in Parlamento e partecipa alle elezioni nel rispetto delle regole costituzionali. La leader del partito, Alice #Weidel, non ha certo il profilo tipico di una formazione politica hitleriana: è una donna omosessuale dichiarata, ha una compagna – Sarah Bossard, produttrice cinematografica svizzera di origini srilankesi – e insieme crescono due figli.
Il problema non è nel merito delle idee del partito. Il problema è che tutti i sondaggi lo danno come prima forza politica della #Germania.
L’Unione Europea mostra il suo vero volto: la democrazia è accettata solo se vincono “quelli giusti”. La democrazia in Europa è una copertura. Serve a nascondere il pilota automatico, il vincolo esterno, il “whatever it takes”.
Contrariamente alla narrativa dominante, che ci racconta di popoli fieramente europeisti, la gente ha capito benissimo che è tutta una fregatura: un’élite di sciacalli li ha impoveriti, indottrinati, e continua a spingerli dentro un circolo vizioso di paura, mentre si investono montagne di denaro in armi e gli ospedali, le scuole, le università cadono a pezzi.
Questa è una classe dirigente che odia i popoli e la democrazia. Tratta le persone come bestiame da mungere, pelare e macellare. Tutto qui. Sono dei mostri.
La democrazia da queste parti è un bluff, e basterebbe un’informazione libera e seria per smascherare un sistema tanto corrotto e marcio. Ma l’informazione è parte del problema: spesso è finanziata dallo stesso sistema che dovrebbe denunciare. Ricordate la storia degli inglesi alla fame, disperati per la voglia di rientrare nell’#UE? Eppure #ReformUK sta scardinando il bipartitismo britannico, e Nigel #Farage ha ottenuto un risultato straordinario alle amministrative e alle suppletive. Com’è possibile? Come si concilia con il racconto che i tg ci hanno propinato ogni sera per anni?
La democrazia in Europa è solo una maschera, utile a celare i veri interessi di piccoli gruppi dominanti e violenti. I tradizionali schieramenti – destra e sinistra – non erano altro che attori in un teatro che ormai non convince più nessuno.
La gente comincia a capire, guarda altrove. Ed è proprio per questo che viviamo una delle fasi più pericolose della nostra storia: chi comanda oggi non accetterà mai pacificamente un cambio della guardia.


01.05.202510:10
La festa ai lavoratori
Gilberto Trombetta
Più che la festa dei lavoratori, la festa è stata fatta ai lavoratori.
Con più di 40 anni di riforme regressive del mercato del lavoro che hanno distrutto i diritti conquistati con un secolo di lotte e che portarono alla legge 300 del 20 maggio 1970, ovvero allo Statuto dei lavoratori.
Riforme che sono… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/01/la-festa-ai-lavoratori/
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Gilberto Trombetta
Più che la festa dei lavoratori, la festa è stata fatta ai lavoratori.
Con più di 40 anni di riforme regressive del mercato del lavoro che hanno distrutto i diritti conquistati con un secolo di lotte e che portarono alla legge 300 del 20 maggio 1970, ovvero allo Statuto dei lavoratori.
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19.04.202506:56
La guerra d’Ucraina, la fine dell’Occidente e l’illusione europea. Parla Éric Denécé
Giuseppe Gagliano
Nel panorama occidentale saturato da retoriche moralistiche, analisi di comodo e propaganda mascherata da informazione, la voce di Éric Denécé emerge come una nota stonata. Ma è proprio questa dissonanza a renderla preziosa. Ex analista dei servizi francesi, dottore in Scienze Politiche e direttore del CF2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), Denécé… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/04/19/la-guerra-ducraina-la-fine-delloccidente-e-lillusione-europea-parla-eric-denece/
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Giuseppe Gagliano
Nel panorama occidentale saturato da retoriche moralistiche, analisi di comodo e propaganda mascherata da informazione, la voce di Éric Denécé emerge come una nota stonata. Ma è proprio questa dissonanza a renderla preziosa. Ex analista dei servizi francesi, dottore in Scienze Politiche e direttore del CF2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), Denécé… Continua... 👇
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09.05.202507:30
Papa Leone XIV: un breve ritratto. A cura di Lucio Caracciolo
Il pontificato di Leone XIV sarà in relativa continuità con quello di Francesco. Nonostante il clero conservatore non tifasse per lui, Prevost è uomo di governo, chiamato a salvare la Chiesa di Roma dal caos. Perché per Trump potrebbe essere un problema.
Lo Spirito Santo ha scelto in Robert Francis Prevost un papa in… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/09/papa-leone-xiv-un-breve-ritratto-di-lucio-caracciolo/
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08.05.202507:07
L’esperienza della Moneta Fiscale e le lezioni per il futuro
Stefano Sylos Labini
1.L’impatto economico e finanziario dei crediti fiscali trasferibili nell’edilizia
Il Fondo Monetario Internazionale ha riconosciuto che il rapporto debito/Pil in Italia è crollato di 20 punti % nel periodo 2020/23 grazie all’introduzione dei crediti fiscali trasferibili nel settore edilizio. Si tratta della performance migliore tra i paesi avanzati (Fig. 1).
Fig.1 –… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/08/lesperienza-della-moneta-fiscale-e-le-lezioni-per-il-futuro/
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1.L’impatto economico e finanziario dei crediti fiscali trasferibili nell’edilizia
Il Fondo Monetario Internazionale ha riconosciuto che il rapporto debito/Pil in Italia è crollato di 20 punti % nel periodo 2020/23 grazie all’introduzione dei crediti fiscali trasferibili nel settore edilizio. Si tratta della performance migliore tra i paesi avanzati (Fig. 1).
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06.05.202507:00
Si può eliminare del tutto la paura?
Geminello Preterossi
La paura ha una funzione anche produttiva, in senso antropologico-politico. Certo, non la paura indeterminata e parossistica, che genera ossessioni e paranoia. Ma siamo sicuri che il riso, o la scienza, ce ne possano liberare? Indubbiamente, superstizioni e fobie devono essere rischiarate, analizzate, smontate per quanto possibile. Ma è la condizione umana in quanto… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/06/si-puo-eliminare-del-tutto-la-paura/
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Geminello Preterossi
La paura ha una funzione anche produttiva, in senso antropologico-politico. Certo, non la paura indeterminata e parossistica, che genera ossessioni e paranoia. Ma siamo sicuri che il riso, o la scienza, ce ne possano liberare? Indubbiamente, superstizioni e fobie devono essere rischiarate, analizzate, smontate per quanto possibile. Ma è la condizione umana in quanto… Continua... 👇
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04.05.202508:02
Democrazia selettiva
Michele Agagliate
Dall’AfD a Georgescu: quando il sistema decide chi ha diritto di parola e chi no.
Non ho alcuna simpatia per l’AfD, sia chiaro. Lo ritengo un partito pericoloso, regressivo, intriso di pulsioni xenofobe, autoritarie e revisioniste. Ma proprio per questo, la notizia che l’intero partito sia stato classificato come “pericolo per la democrazia” da… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/05/04/democrazia-selettiva/
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Dall’AfD a Georgescu: quando il sistema decide chi ha diritto di parola e chi no.
Non ho alcuna simpatia per l’AfD, sia chiaro. Lo ritengo un partito pericoloso, regressivo, intriso di pulsioni xenofobe, autoritarie e revisioniste. Ma proprio per questo, la notizia che l’intero partito sia stato classificato come “pericolo per la democrazia” da… Continua... 👇
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DARSI PACE - MARCO GUZZI

29.04.202512:11
🔥Una riflessione attorno al tema dello stato di salute delle nostre istituzioni “democratiche”, è qualcosa che ha a che fare direttamente con lo stato psicologico ed esistenziale della nostra condizione umana. Queste infatti non sono affatto tematiche distinte o contrapposte.
Viviamo in un contesto culturale, politico e spirituale che richiede uno sforzo di contestazione davvero terapeutico-rivoluzionario!
Come scrive Davide Sabatino nel suo ultimo libro "Il Poetico Rivoluzionario":
"Nessuno degli autori più significativi degli ultimi secoli, che ancora oggi amiamo ricordare e studiare con passione e dedizione, ha mai accettato di subire con accondiscendenza le logiche imposte dai manovratori delle leve di comando economiche, massmediatiche o culturali.
Fra la cultura rivoluzionaria e il potere dello status quo esisteva la stessa dinamica chimica di respingimento molecolare che si crea quando mescoliamo un liquido polare, come l’acqua, con un liquido apolare, come l’olio. Quando ciò non accade, come in questo momento storico, e la mescolanza genera fusione, stiamo pur certi di non essere al cospetto di un pensiero davvero rivoluzionario".
👇🏻Proprio di questa indispensabile Rivoluzione politica e spirituale abbiamo parlato a Roma con Marco Guzzi, Geminello Preterossi, Davide Sabatino, Roberto M. Giordi e Maria Chiara De Angelis. Ed è stato un evento molto importante e assolutamente da non perdere. Buona visione!
https://youtu.be/cW9-4g9mQ64?si=vumvmfSdTSto5EbM
Viviamo in un contesto culturale, politico e spirituale che richiede uno sforzo di contestazione davvero terapeutico-rivoluzionario!
Come scrive Davide Sabatino nel suo ultimo libro "Il Poetico Rivoluzionario":
"Nessuno degli autori più significativi degli ultimi secoli, che ancora oggi amiamo ricordare e studiare con passione e dedizione, ha mai accettato di subire con accondiscendenza le logiche imposte dai manovratori delle leve di comando economiche, massmediatiche o culturali.
Fra la cultura rivoluzionaria e il potere dello status quo esisteva la stessa dinamica chimica di respingimento molecolare che si crea quando mescoliamo un liquido polare, come l’acqua, con un liquido apolare, come l’olio. Quando ciò non accade, come in questo momento storico, e la mescolanza genera fusione, stiamo pur certi di non essere al cospetto di un pensiero davvero rivoluzionario".
👇🏻Proprio di questa indispensabile Rivoluzione politica e spirituale abbiamo parlato a Roma con Marco Guzzi, Geminello Preterossi, Davide Sabatino, Roberto M. Giordi e Maria Chiara De Angelis. Ed è stato un evento molto importante e assolutamente da non perdere. Buona visione!
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18.04.202507:53
Ucraina: il crepuscolo di una guerra infinita secondo John J. Mearsheimer
Giuseppe Gagliano
Un vicolo cieco chiamato pace
Immaginate una scacchiera dove ogni mossa è un ultimatum, ogni pedone un sacrificio, e la partita non prevede pareggi. Questa è la guerra in Ucraina, un conflitto che, a tre anni dall’invasione russa del febbraio 2022, sembra intrappolato in un eterno presente di morte e distruzione. John Mearsheimer, uno… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2025/04/18/ucraina-il-crepuscolo-di-una-guerra-infinita-secondo-john-j-mearsheimer/
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Giuseppe Gagliano
Un vicolo cieco chiamato pace
Immaginate una scacchiera dove ogni mossa è un ultimatum, ogni pedone un sacrificio, e la partita non prevede pareggi. Questa è la guerra in Ucraina, un conflitto che, a tre anni dall’invasione russa del febbraio 2022, sembra intrappolato in un eterno presente di morte e distruzione. John Mearsheimer, uno… Continua... 👇
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